MARGARET ATWOOD E LA CICLICITÀ DELLA LUNA COME STRATEGIA DI SOPRAVVIVENZA

di Elena Strappato 

Il Museo nazionale delle arti del XXI secolo ha ospitato, giovedì scorso (17 dicembre, ndr), un dialogo tra la nota scrittrice e poetessa Margaret Atwood, la Presidente del MAXXI Giovanna Melandri e la curatrice Livia Filotico. L’incontro si è tenuto nella cornice di eventi on-line che la fondazione MAXXI sostiene per affrontare la chiusura generale degli enti museali a causa della pandemia.

A partire dal titolo, The Moon: a guiding light for the future (trad. it. La luna, una luce-guida per il futuro) il breve talk si è sviluppato sul ruolo della luna quale risorsa creativa nei momenti di crisi globale.

Se quella che stiamo vivendo non è di certo la prima pandemia della storia che l’umanità si trova ad affrontare, occorre guardarsi indietro e pensare alla possibilità di reagire alla crisi diversamente da come è stato fatto in passato. La tensione apocalittica imbarazza l’essere umano e lo spinge a reagire in maniera istintiva e irrazionale con una serie di comportamenti incontrollati – dalla fuga alla rassegnazione – e spesso all’origine di una diffusione ulteriore della malattia. 

Margaret Atwood rilegge questa reazione impulsiva come il frutto di una concezione lineare e determinata del tempo cui urge un’alternativa. È qui che entra in gioco la risorsa-luna come fonte di energia e di nuove prospettive. Partendo dalla raffigurazione di un tarocco, la poetessa canadese ripercorre le diverse associazioni che tradizione e cultura assegnano alla luna. La sua natura doppia e incostante, vicina al moto ondivago dell’acqua e per estensione all’oceano, connota culturalmente l’elemento come simbolo negativo dal periodo tardo-medioevale e primo rinascimentale. 

È infatti un’espressione generalizzante quella che associa l’incostanza della luna sia alla cattiva fortuna che al genere femminile. Non tutte le culture, proprio a partire dal fatto linguistico, concepiscono la luna come femminile: presentano una male moon, per esempio, la cultura inuit e quella germanica. 

Tra le female moons, nella cultura greca post-classica spicca invece Artemide, personificazione che la Atwood ama definire la sua she moon prediletta. 

Dea della caccia, con il suo arco e le frecce d’oro, Artemide è spesso associata al momento della nascita e del parto come a quello della vecchiaia e della morte. Il fratello Apollo, dio del Sole, ne sarebbe la controparte, venerato come guaritore delle malattie e dio della salute. 

Indipendentemente dal genere, quello che la luna può insegnarci oggi è proprio l’attualità della sua incostanza. Cambiando la polarità di questo attributo, potremmo imparare dalla sua instabilità, associata alle fasi e ai cicli lunari, per rinnovare la nostra concezione del tempo sulla terra. Assumendo il cerchio e la scansione in fasi come forma e misura predefinite, ci allontaniamo da una prospettiva tutta occidentale del tempo, radicata profondamente nella cultura scritta. Il mondo occidentale si fonda sulla cultura del Libro, della Bibbia, con un inizio e una fine vincolati ad una cronologia dritta e stringente. Diverse culture indigene invece hanno maggiore familiarità con forme fluide o circolari.

Il cerchio, la ciclicità, il movimento ripetuto dall’alto verso il basso preclude ogni forma di sopraffazione, di fine estrema. Questa visione alternativa offre all’umanità la possibilità di pensarsi in una fase sì ben precisa, ma determinata da un tempo limitato. La reazione umana agli eventi allora tenderebbe a calibrarsi in prospettiva di un prossimo stadio di polarità opposta. Per affrontare la crisi il suggerimento è guardare alla luna per pensarsi in fasi e in sfumature d’ombra e di luce. 

La luce lunare infatti è anche una luce d’ombra che contempla quello che non si lascia rapire dall’osservazione, ma si sottrae al dominio dell’occhio. E questo esserci, senza essere visti, è un altro attributo con cui allenare la nostra consapevolezza umana. Le ultime battute dello scambio tra le relatrici e Atwood si soffermano proprio sulla shadow light come luce lunare emanata da chi, specie nella nostra società e in questa fase storica, esiste senza voce e senza rappresentazione, restando nell’anonimato al di fuori del margine della linea dritta.

Immagine nel testo da nuovaciminiera.it e in evidenza da maxxi.art