COSTRUIRE PRATICHE COLLETTIVE DI CONTRASTO ALLA VIOLENZA DOMESTICA

in collaborazione con Lesbiche Bologna

Quello trascorso è stato un anno in cui si sono susseguite diverse misure di contrasto alla pandemia, un anno in cui le donne, le soggettività LGBTIQIAP+ e con fattori di vulnerabilità hanno subito maggiormente le conseguenze delle politiche adottate. 

La casa è stata individuata come il luogo sicuro in cui mettersi al riparo dal rischio di contrarre il virus, senza tener conto di chi una dimora fissa non ce l’ha o di chi proprio all’interno delle mura domestiche subisce violenza da parte della propria famiglia o del proprio (o della propria) partner e/o caregiver

Per dirlo con le parole di Carmen Maria Machado, scrittrice queer statunitense: «La casa non è essenziale all’abuso domestico. Ma cavolo se aiuta. Uno spazio privato in cui vengono messe in scena tragedie private a porte chiuse, come detta il cliché; […] Una casa non è mai apolitica. È concepita, costruita, occupata e sorvegliata da persone che hanno potere, bisogni, desideri».

Il 6 dicembre scorso si è parlato di violenza nelle relazioni lesbiche di intimità attraverso il libro di Machado Nella casa dei tuoi sogni (Codice, 2020) durante l’iniziativa che ha visto Anita Lombardi della Linea lesbica Antiviolenza – Lesbiche Bologna dialogare con Elisa Coco dell’associazione Luki Massa e Comunicattive e Laura Saracino, della Casa delle Donne per non subire violenza di Bologna, ospiti della Libreria delle donne di Bologna all’interno della 15a edizione del festival La Violenza Illustrata

Machado trova le parole per raccontare la violenza nelle relazioni lesbiche e queer, rompendo il silenzio che prevale attorno al tema. Attraverso questo testo dona la possibilità di riconoscersi, e così potenzialmente innesca un’autoconsapevolezza che aiuta a percorrere passi verso la richiesta d’aiuto per fuoriuscire dalla violenza. 

Nel libro descrive il ciclo della violenza, le condizioni che ha vissuto come il senso di colpa, il non vedere alternative, vivere nella paura, credere di aver esagerato o di ricordare male, dubitare della propria stessa percezione della realtà, non riuscire a raccontare. Tra le tante altre emerge la paura di non essere credute. Sono purtroppo queste dinamiche comuni a chi ha vissuto su di sé un’esperienza di violenza. 

Sulle parole e sugli stimoli che suscita l’autrice avremo modo di confrontarci sabato 16 gennaio durante Lesbuck, l’appuntamento mensile del club del libro di Lesbiche Bologna. 

Mi vorrei soffermare ora su una riflessione che riguarda tutte noi come soggettività politiche e attiviste. Quante volte abbiamo ascoltato racconti di vissuti di violenza nella relazione di intimità da parte di compagne attiviste del nostro contesto?  Come singole e come gruppo di attiviste come ci siamo comportate dinanzi a situazione del genere o alla narrazione di un vissuto di violenza? Abbiamo trasformato il vissuto personale in politico? O abbiamo assistito a una invisibilizzazione dei racconti? 

Per molte di noi le reti s/familiari affettive e politiche sono considerate la propria casa. E il rischio che anche questa casa si riveli non disposta a credere, o invisibilizzi, esiste. Insieme a questo, c’è il rischio di perdere un importante contesto in cui ci si è sentite più sicure a dirsi lesbica e rivendicare la bellezza di esserlo.  

Anche nei nostri contesti di attivismo, nelle nostre s/famiglie, nelle nostre reti affettive è necessario riflettere e decostruire la violenza patriarcale, i rapporti di potere, il machismo e la mascolinità tossica con cui tutte veniamo cresciute e che nostro malgrado potremmo interiorizzare.

È una responsabilità politica, di tutte, quella di interrogarci, di parlare, di riconoscere la violenza nelle relazioni lesbiche nelle le sue forme e specificità, elaborare strategie collettive e mettere in atto pratiche femministe di contrasto alla violenza di genere e nelle relazioni lesbiche. 

La linea lesbica antiviolenza di Lesbiche Bologna, oltre a offrire un servizio di Sportello di linea telefonica di ascolto e accoglienza delle richieste di aiuto per intraprendere percorsi di fuoriuscita dalla violenza, è una laboratoria politica in continua elaborazione.  

Nel corso di questi anni ci si è interrogate sulle matrici in comune con la violenza di genere, la violenza patriarcale, la lesbofobia. Si è costruito uno spazio di ascolto, dove la parola di chi racconta un vissuto di violenza è ascoltata, creduta e sostenuta. Insieme si è portato avanti un lavoro di ricerca di pratiche politiche collettive di contrasto alla violenza. Il 27 gennaio, a questo proposito, inizierà uno spazio di confronto sul tema, la Cerchia Lesbica Antiviolenza. Si tratta di un ciclo di sei appuntamenti in cui due operatrici della Linea Lesbica Antiviolenza faciliteranno laboratori circolari e orizzontali. Una laboratoria politica in cui soggettività LGBTIQAP+ che parteciperanno intendono, attraverso la condivisione delle esperienze, elaborare e costruire pratiche collettive di contrasto alla violenza. 

Questo è un modo per provare a incrinare il silenzio opprimente tipico delle mura domestiche in cui si agisce violenza, per trasformare le nostre s/famiglie, relazioni affettive, politiche lesbiche e femministe in luoghi di connessione e empoderamento per colei che desideri farlo.