CRONACHE DAL PRIMO LUSTRO: UNA RIVOLUZIONE LUNGA 50 NUMERI
La Falla nasce volutamente storta e faticosa da leggere e da maneggiare, testimonianza fisica dello sforzo quotidiano che ognuna di noi compie nel rivendicare ciò che è. La Falla nasce consapevolmente di carta, come estremo baluardo di resistenza, come furto a un incedere frenetico, segno di qualcosa che rimane in un consumo che è consunzione; è un’oasi nel tempo, da poter vedere e da poter toccare. La Falla nasce decisamente piegata, perché deve essere un oggetto da passeggio, perché la si deve poter mettere in tasca: c’è sempre un’evangelizzazione frocia dietro l’angolo e non possiamo farci cogliere impreparate.
Nasciamo come un’esplorazione ingorda di testi e immagini, tutta tesa al cortocircuito, al far inceppare le menti di chi la legge, nella speranza che il granello messo nell’ingranaggio possa far saltare tutto il meccanismo. Nei cinque anni appena trascorsi siamo state vestali di questa quadruplice e primigenia radice, l’abbiamo curata, accudita e fatta gemmare. Abbiamo potuto farlo grazie alla precisione chirurgica dell’orizzontalità redazionale: un gioco difficile da giocare, una grande macchina di dissoluzione dell’ego ma, allo stesso tempo, l’unica ricetta per garantire l’ambita polisemia. Perché La Falla, l’iceberg che – per i suoi detrattori – avrebbe dovuto causare il naufragio del transatlantico Cassero, è, oggi, una piazza dialogica rara, in cui ogni soggettività LGBT+, femminista e queer può trovare voce e rappresentatività. La Falla, da Cenerentola delle pubblicazioni, è, oggi, la restituzione delle spinte uguali e contrarie che ci agitano come movimento; non teme la contraddizione, anzi, la frequenta con rigore ed erotismo. Ma il nostro giornale è anche la planimetria per rintracciare le chiavi di volta che possono costruire la nostra comunità; leggere #La Falla# è, dunque, un atto politico, di distruzione e costruzione insieme, un esercizio del pensiero critico che dischiude al futuro.
Il funzionario del Tribunale di Bologna che ci ha assegnato il numero era un soggetto particolare, solito uscire dal suo ufficio gridando: «E allora chiamate i gendarmi!» (sic!). Forse ci aveva visto giusto. Chiamateli, questi gendarmi, perché, come scriveva Audre Lorde, non era previsto che sopravvivessimo: chiamateli, perché oggi comincia il secondo lustro della Falla.
Pubblicato sul numero 50 della Falla, dicembre 2019
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