LE «RAGAZZE VINCENTI» CHE INCANTARONO L’AMERICA IN GUERRA

«Diamonds/ Diamonds/ I don’t mean rhinestones/ But diamonds are a girl’s best friend». È il 1953 e nelle sale cinematografiche di tutto il mondo esce Gli uomini preferiscono le bionde, film di culto in cui Marilyn Monroe consacra al grande pubblico la canzone Diamonds are a girl’s best friend, I diamanti sono i migliori amici delle donne. Certo, la canzone parla di pietre preziose, ma andando a cercare un altro significato della parola diamante scopriremmo che nel 1953 uno in particolare era davvero il migliore amico delle donne.Stiamo parlando del campo da baseball, che le donne hanno iniziato a calcare a partire dal 1943.

Ricordate il film Ragazze vincenti con Geena Davis e Madonna? Ecco, quella è la storia, quasi fedele, di come alle donne fu concesso di avere la prima lega professionistica di baseball degli Usa, la Aagpbl, All American Girls Professional Baseball League. Se non avete visto il film, continuate a leggere. Se lo avete visto, leggete comunque. Per capire come tutto è cominciato dobbiamo tornare indietro al 1941, quando il Giappone attacca Pearl Harbor e gli Stati Uniti entrano in guerra. Così, con la guerra mondiale e un esercito che fagocitava uomini, la società ha dovuto adeguarsi alla scomparsa di quelli “abili e arruolati”. Lo sport ovviamente non poteva fare eccezione: Joe DiMaggio e colleghi erano al fronte e la lega aveva grossi interessi economici. Che fare? Mettere in campo le donne.

L’idea è attribuita a Philip K. Wrigley, magnate delle gomme da masticare, che nel 1943 portò oltre 200 donne a Chicago per fare un provino: 60 di loro furono selezionate per diventare le giocatrici delle prime quattro squadre della storia del baseball femminile professionistico Usa. Nel ‘54 le squadre saranno dieci. Una rivoluzione per tanti versi, che si scontrò tuttavia fin dal primo momento col pregiudizio e con il maschilismo di cui la società era permeata. «Non c’è materiale», dice nel film Tom Hanks, convinto come i primi spettatori che no, le donne non potessero giocare a baseball. I numeri dimostrarono il contrario: nel 1948, alle partite presero parte 910 mila spettatori paganti.

Una rivoluzione, dicevamo, prima di tutto salariale: alle giocatrici venivano pagati stipendi altissimi per l’epoca, un salario che ha consentito a molte donne di trovare una propria indipendenza fuori dai tradizionali legami etero-patriarcali (suggerimento: A secret love, documentario Netflix, parla proprio di una coppia lesbica nata sul diamante). Le ragazze del baseball della seconda guerra mondiale, però, non erano libere di essere loro stesse, costrette a indossare divise pensate a uso e consumo degli uomini – una tunica legata in vita -, a mettere sempre e comunque il rossetto, a prendere lezioni di stile da Helena Rubinstein e a seguire rigidissime regole di condotta che vietavano loro di tenere capelli corti o di bere e fumare in pubblico. «Abbiamo canadesi, irlandesi e svedesi, siamo tutte per uno, siamo uno per tutte, siamo tutte americane!», recitava l’inno della lega, eppure nessuna donna nera calcò mai i campi tra il ‘43 e il ‘54.

Oggi, nel 2020, il baseball professionistico femminile non esiste in Usa: come in Italia, lo sport femminile fatica ad accedere al professionismo. Non possiamo fare altro che pensare a quando il diamante, quello di erba e gesso, era davvero il migliore amico delle donne. Almeno delle pioniere della Aagpbl.

Pubblicato sul numero 58 della Falla, ottobre 2020