Essere gay e visibili nel mondo del calcio maschile è difficile, ma a poco a poco il tabù si sta sgretolando grazie alle iniziative di alcuni calciatori. Tra i protagonisti di un elenco ancora breve ma forse non per molto, Jakub Jankto, che ha fatto coming out con un video postato lo scorso 13 febbraio sul proprio Instagram, dichiarando di voler vivere la vita in libertà e «senza paure. Senza pregiudizio. Senza violenza. Ma con amore». Il giocatore ceco, che in passato aveva già militato per alcune squadre nella Serie A italiana, è appena stato acquistato dal Cagliari: sarà il primo calciatore apertamente gay in attività in Italia.

Jakub Jankto

Altro coming out eccellente, quello dell’australiano Josh Cavallo nel 2021: «È possibile essere sé stessi e giocare a calcio. Mi vergognavo di essere me stesso facendo quello che mi piace. Il problema è che ho dovuto adattarmi, nel senso che ho dovuto mascherare i miei sentimenti per sembrare un giocatore professionista che rispetta gli stereotipi», ha dichiarato Cavallo, il primo a esporsi così giovane, all’età di 21 anni, rompendo la consuetudine delle uscite allo scoperto di fine carriera.

Il motivo di questa propensione a tacere sulla vita privata arriva direttamente dall’idea che il calcio, socialmente, sia uno sport da macho, dove un vecchio stereotipo duro a morire vuole, al contrario, che un uomo gay sia poco virile. Gli insulti omofobi che spesso sentiamo giungere dagli spalti ne sono una delle dimostrazioni più evidenti.

Héctor Bellerìn, giocatore dello Sporting Lisbona spesso vittima di omofobia in rete, è netto: «È impossibile essere apertamente gay nel calcio. Il problema è che la gente ha un’idea ben precisa di come deve essere un calciatore, di come si deve comportare, di cosa deve parlare». Lo stesso Bellerìn era stato soprannominato lesbian (lesbica, in inglese) nel periodo in cui giocava in Inghilterra.

Che un calciatore sia gay o meno, lo stigma è talmente forte da colpire chiunque venga additato come tale, e oltre a Bellerìn, un esempio – negativo – resta Graeme Le Saux, vittima durante la carriera di numerosi insulti omofobi a causa della diffusione della falsa voce che fosse omosessuale: la sua cura nel vestire sembrava, negli anni Novanta, una conferma della diceria. Le Saux ha ammesso che ritirarsi è stato un sollievo.

E il calcio femminile?

Definirsi lesbiche pare aprire a un numero minore di complicazioni, forse perché ci sono meno pressioni su come debbano essere le giocatrici o perché esiste uno stereotipo secondo cui le donne che si dedicano al calcio siano tutte omosessuali. 

Coming out e storie d’amore fioccano, alcune di esse nate proprio negli spogliatoi: il più recente è quello delle calciatrici della Juventus Women, Linda Sembrant e Lisa Boattin, che hanno annunciato il loro fidanzamento sempre nel febbraio di quest’anno. 

In attesa del campionato mondiale di calcio femminile per altri auspicabili coming out, mondiale che comincia oggi in Nuova Zelanda e vede protagoniste anche le Azzurre, è possibile fare una carrellata delle dichiarazioni degli ultimi anni.

Nel 2019, la calciatrice Kelley O’Hara è “uscita dall’armadio” baciando la fidanzata in occasione della vittoria dei Mondali degli USA, prima di allora non aveva mai detto nulla sulla sua omosessualità.

Nel 2021 Chloe Logarzo, centrocampista del Kansas City NWSL e della nazionale del suo Paese, ha annunciato il matrimonio con McKenzie Berryhill, le due erano state compagne di squadra. E ancora, nel 2020 hanno detto “sì” l’attaccante della Roma e della nazionale brasiliana, Andressa Alves e la sua compagna Francielle, purtroppo non sono mancati commenti lesbofobi.

Linda Sembrant e Lisa Boattin

Non mancano neppure i cosiddetti fiocchi: Lina Hurtig, anch’essa giocatrice della Juventus Women, ha annunciato nel 2021 la gravidanza della moglie Lisa Lantz. Sempre nel 2021, Ali Krieger e Ashlyn Harris, componenti della nazionale di calcio femminile statunitense, hanno adottato una bambina, nata il 12 febbraio. Harris ha commentato l’evento definendolo «il miglior regalo di San Valentino che abbia mai ricevuto».

Allargando lo sguardo oltre l’occidente, in Cina non è stato apprezzato il post di coming out su Weibo, principale social network mandarino, della calciatrice Li Ying, in cui celebrava il primo anno di unione con la sua compagna Chen Leilei, influencer professionista. Nonostante Zhao Zhen, famoso giornalista sportivo, avesse dichiarato che «non è più un segreto che diverse calciatrici sono lesbiche, Li è stata la prima ad avere il coraggio di venire allo scoperto, spero che la nostra società diventi più inclusiva in futuro», la coppia è stata inondata di insulti e critiche, che hanno portato Ying a cancellare il post.

Ma tra gay e lesbiche, non va dimenticata la rivoluzione di quando, a fare coming out, è una persona trans*. Quinn, calciatorə della squadra nazionale canadese, si era già dichiaratə lesbica con un post su Instagram rivelando di avere una relazione con una ragazza, ma è l’anno successivo, nel 2020, che è uscita allo scoperto come persona non binaria, asserendo anche di preferire l’essere nominatə solo con il cognome e di considerare il suo nome un deadname.

Quinn non è l’unicə calciatorə trans*: Mara Gomez è stata la prima della serie A, in Argentina, invece in Giappone ha fatto coming out Kumi Yokoyama.

In Israele si ha notizia della prima arbitra trans, Sapir Berman, che ha detto di aver avuto il sostegno della famiglia, del sindacato arbitrale locale e dei funzionari di calcio, aggiungendo che «i giocatori lo avevano già capito e si rivolgevano a me parlando al femminile».

Per concludere, uscire allo scoperto da parte di persone che fanno parte della comunità LGBTQ+ è importante per qualsiasi attività agonistica ma nel mondo del calcio, lo sport più seguito nel nostro Paese e a livello mondiale, contribuirebbe a scardinare pregiudizi e stereotipi. Inoltre, ə personaggə sportivə che fanno coming out colmano l’assenza di visibilità di figure LGBTQ+pubbliche e sarebbero un esempio per chi fatica ad accettarsi e a dichiararsi.

Come sempre, il coming out è bene che avvenga quando i tempi sono maturi, ovvero quando la persona si sente di farlo: l’outing è una pratica violenta, quale che sia l’intenzione di chi lo agisce.

Immagine nel testo da wikipedia.org e da sky.it