LA PLURICAMPIONESSA OLIMPICA ANTONELLA BELLUTTI SFATA UN TABU’: PRIMA DONNA A CANDIDARSI A PRESIDENTE DEL CONI

Non poteva che iniziare con una dedica a una donna che ha fatto la storia d’Italia la conferenza stampa di un’altra donna che, seppure in maniera diversa da Lidia Menapace, la storia l’ha già fatta. Almeno quella dello sport tricolore. Due ori olimpici, però, non sono bastati ad Antonella Bellutti, pistarde (ciclista su pista, n.d.A.) per rintanarsi nel suo buen ritiro tra le montagne. E nemmeno quella partecipazione alle Olimpiadi invernali di Salt Lake City, su tutt’altra pista, quella del bob, insieme a un altro mito dello sport italiano al femminile, quella Gerda Weissensteiner che, proprio come Antonella, aveva già vinto due ori in due diverse discipline. No, ad Antonella le sfide scontate non piacciono e oggi ha voluto ufficializzare l’ennesimo contributo personale alla storia dello sport italiano, perché nel nostro paese, dovete sapere, già il fatto che una donna si candidi alla presidenza del Coni, il Comitato Olimpico nazionale, è storia di per sé.

È storia perché in 103 anni di istituzioni sportive italiane non era mai successo. È storia perché su 45 federazioni del Bel Paese nessuna donna si è mai seduta sullo scranno più alto a eccezione della Federazione sport equestri, per un solo mese e dopo un commissariamento. Al momento, infatti, la carica più alta ricoperta da una donna è quella della vice presidente del Coni, la toscana e olimpionica di windsurf Alessandra Sensini.

Bellutti – che oltre al palmares sportivo è anche commendatrice emerita della Repubblica e Collare d’oro al merito sportivo  -, ha le idee molto chiare sul perché intraprendere questa strada che si prospetta in salita, anche per una come lei che non si è mai nascosta e si è sempre esposta su tutto: come donna, come atleta, come lesbica e come vegana. Proprio per questo «Sarebbe stato più difficile non farlo, sarebbe stato un rimpianto inconsolabile», spiega alla stampa. 

Perché la sfida al Coni non è solo ripida come un passo di montagna al Giro, ma è un vero e proprio assalto a una roccaforte che ormai da sette anni è presieduta da Giovanni Malagò, figura senz’altro importante e carismatica e a tratti controversa: «Mi ci sono sentita, con lui condivido la passione per lo sport – e sono certa che nascerà un confronto ricco per lo sport italiano». 

Per comprendere la portata di questa candidatura occorre fare una piccola digressione nel passato e tornare a vent’anni fa, al 2000, e alla riforma Melandri dello sport che aprì le porte delle istituzioni sportive a tecnici e atlet*, sanando così l’incredibile paradosso dell’esclusione dai processi decisionali di quei pochi che, da una sorta di torre d’avorio, decidevano le sorti delle migliaia di associazioni sportive.

Antonella Bellutti nella giunta del Coni ci è entrata e conosce bene i meccanismi del Comitato e delle Federazioni: «Voglio liberare lo sport dalle logiche lo hanno imbrigliato per anni e che io stessa ho subito, senza personalismi, ma in maniera collettiva». E ancora: «Conosco il pregiudizio e la discriminazione, li ho vissuti in prima persona e me ne sono liberata. Non sono una vittima, ma una donna libera che porta con sé un valore aggiunto. Conosco discriminazione e pregiudizi e voglio eliminarli con lo sport e nello sport».

Richiama gli anni di attivismo con l’Associazione Assist, che della sua campagna elettorale – alla quale stanno già aderendo molte associazioni femministe, sportive e della società civile – è promotrice e organizzatrice, e non ha dubbi nel ribadire il suo impegno affinché vengano garantite tutele a ogni livello nel mondo sportivo, dalla atlete ai lavoratori a 360°. E questo a prescindere dai risultati e dalle prestazioni.

«Lo sport ha un richiamo costituzionale e come tale deve avere dei punti fermi. Per questo mi auguro che in futuro possa diventare un ministero con portafoglio, una istituzione stabile e che garantisca continuità», afferma, anche se ammette di non aver ancora avuto occasione di parlare con l’attuale ministro Spadafora. 

Non si parla di programmi ancora, ma su un punto sembra essere decisa: la necessità di condivisione. Proprio per questo ha invitato tutte e tutti a partecipare, sul sito https://belluttipresidente.it/ , alla stesura di un programma condiviso, «Per raccogliere contributi, dare voce ad associazioni e cittadin*. Un documento che, a prescindere da come andrà a finire, resterà. La presidenza è un obiettivo per dare senso a un percorso, ma il senso e l’eredità di questa candidatura resteranno a prescindere dal risultato».

C’è chi si chiede – come noi, che della comunità Lgbt+ siamo una espressione – se questa candidatura potrà essere un momento per poter parlare di orientamento sessuale e mondo dello sport, in un paese dove i coming out si contano sulla punta delle dita: «Sono un po’ contraria alle etichette e alle definizioni. Oggi ho fatto un richiamo alle diversità, ma vorrei evitare strumentalizzazioni. È ovvio che nell’ambito sportivo non esiste un tabù, ne esistono tanti e quello della discriminazione in base all’orientamento sessuale non saprei nemmeno in che posizione collocarlo nella gerarchia di importanza di questi tabù. Quindi ovviamente mi auguro che a partire da oggi, da questa esperienza che ho intrapreso, si possa parlare anche con più disinvoltura di questo aspetto e non ritenerlo più uno stigma che può condizionare negativamente purtroppo la vita di una persona».

Questa candidatura, come già detto, ha trovato l’accoglienza di numerose associazioni, in maniera trasversale al mondo sportivo e che continuano a crescere: «Rappresento tutto ciò che non è mai stato rappresentato nello sport. Sono la testa d’ariete di un movimento».

E tra le associazioni a supporto della candidatura di Antonella Bellutti, intanto, emerge un coro unico che comprende Martina Caironi, Manù Benelli, Vera Pegna, Josepha Idem e tante e tanti altr*: «Noi donne non partecipiamo per folklore, ma per il risultato».

De Coubertin, fondatore delle Olimpiadi moderne, soleva dire che l’importante non è vincere, ma partecipare, ma si riferiva solo agli uomini, essendo lui stesso un detrattore e un oppositore delle donne e dello sport femminile. E allora stavolta proviamo vincerla, alla faccia di De Coubertin, e che sia al Coni o altrove: speriamo che sia femmina.

Immagine di copertina dal sito del comitato