Cosa può contenere una parrucca? Non solo capelli vaporosi dai colori sgargianti, ma anche memoria, coraggio, allegria e, soprattutto, cura. Da questo gesto – indossare ogni giorno una parrucca che da spazio privato si fa anche pubblico – parte il racconto dolce e potente di Nella parrucca di Marcella, albo illustrato per bambinə dai 6 ai 9 anni, appena pubblicato dalla casa editrice BeccoGiallo nella collana Kids.
Il libro nasce dall’incontro fra l’autrice Jessica Cantoni e l’illustratore Gianluca Sturmann, che ha già pubblicato Ovunque – Esplorazioni cromatiche del mondo queer (BeccoGiallo, 2022), e prende avvio da un ricordo molto personale. Cantoni da bambina abitava nello stesso quartiere di Bologna dove viveva anche Marcella Di Folco: il mitico Pratello. Da adulta, l’autrice ha sentito l’esigenza di raccontare a suo figlio quegli incontri con Marcella e la curiosità che quella figura imponente suscitava in lei, anche perché le persone adulte a cui allora chiedeva chi fosse non glielo avevano mai veramente spiegato. «Sarebbe stato bello se qualcuno mi avesse risposto in modo esaustivo», dice Cantoni, ricordando le sue domande di bambina che però nessuno sapeva – o voleva – affrontare.
Marcella Di Folco è stata una pioniera, e non solo per i diritti della comunità trans. Negli anni Settanta è stata attrice (con vari ruoli nei film di Federico Fellini, Dino Risi e Roberto Rossellini), ma è stata anche la prima persona trans al mondo eletta in un consiglio comunale, a Bologna nel 1995. Militante e presidente del Movimento Identità Trans fino al 2010, ha dedicato la sua vita da attivista alla tutela delle persone trans, creando spazi di accoglienza, servizi e strategie di intervento sociale. La sua vicenda umana e politica è una testimonianza poderosa: da vera leader, inarrestabile ma sempre raggiungibile, era sempre pronta ad attaccarsi al telefono per ottenere ciò che voleva o a prendere il motorino anche alle tre di notte per aiutare una persona in difficoltà. «Marcella non lasciava nessuno senza risposta, e se i servizi non bastavano, ci metteva del suo», ricorda Porpora Marcasciano (storica attivista del MIT e oggi candidata al premio Nobel per la pace) alla prima presentazione del libro a Bologna. L’idea di politica che piaceva a Marcella Di Folco era profondamente incarnata, e Marcasciano ricorda di averle sentito dire spesso: «Se io non sono giusta per il mondo, allora è il mondo che deve diventare giusto per me».
Nel libro di Cantoni e Sturmann, la piccola Mina – alter ego dell’autrice – osserva Marcella dalle vetrine del bar della nonna. La vede sempre sorridente, mentre fa la spesa o parla con le persone, e con i suoi occhi di bambina ne osserva incuriosita ogni gesto. Poi finalmente Mina si avvicina… E lì, nella parrucca di Marcella, scopre un tesoro di oggetti simbolici: un megafono per far sentire la propria voce, degli occhiali per vedere il mondo a colori o addirittura una festa danzante. Una collezione di oggetti che sono metafore semplici ma efficaci: ognuno è uno strumento per stimolare consapevolezza e partecipazione in chi legge.

Non c’è una morale da portare a casa, ma un mondo da esplorare con occhi, mente e cuore aperti; infatti il libro non tratta esplicitamente il tema dell’identità di genere, ma parla alle persone piccole di pluralità, empatia, cittadinanza e cura. E le illustrazioni di Sturmann danno corpo e anima a questa dimensione: volti tondi e accoglienti, colori caldi, ambientazioni che si spostano tra interni ed esterni, tra la strada e il sogno. La quotidianità si fonde con il fantastico, ed è un mix fatto di memoria urbana e politica, ma anche di gesti semplici, come ballare o bersi un caffè shakerato.
A chiudere il libro, una nota proprio di Porpora Marcasciano – compagna di lotte di Marcella Di Folco – ci ricorda che questo albo è anche un atto di resistenza, in un tempo in cui le soggettività trans sono ancora marginalizzate e attaccate. In Italia, l’accesso a cure, riconoscimento giuridico e piena cittadinanza resta un percorso a ostacoli; altrove, come negli USA, assistiamo a vere e proprie derive legislative transfobiche. Per non parlare della situazione nelle carceri, dove molte persone trans vivono condizioni di isolamento e negazione dei diritti più elementari, che mettono a rischio la loro stessa incolumità. In questo momento storico, anche un piccolo libro come Nella parrucca di Marcella può diventare un gesto politico forte, proprio perché si rivolge a chi (forse) ancora non ha assimilato gli stereotipi che portano a discriminare.
Il valore di questo albo illustrato non è solo nella storia che racconta, ma nel modo in cui lo fa: con ironia e rispetto, con quella stessa furbizia gentile che proprio Marcella sapeva usare per abbattere i muri di diffidenza. Ti disarmava con un complimento, ti travolgeva con uno sguardo, faceva paura e faceva ridere, insomma lasciava il segno. E anche questo libro sottile è un segno, colorato e affettuoso, che parla di orgoglio ma anche di fragilità, accenna al conflitto ma con dolcezza. È un piccolo manuale emotivo per far capire a chi oggi è bambinə che accogliere, ascoltare, prendersi cura sono atti concreti e importanti. Allo stesso tempo è un promemoria per le persone adulte, per ricordarci che si può – e si deve – raccontare la complessità anche e soprattutto alle giovani generazioni.
Lettura consigliata a chiunque (bambinə, genitori, ma anche a chi insegna, educa, fa attivismo…), questo albo fa ciò che la buona letteratura per l’infanzia sa fare meglio: spalancare la mente, accendere il cuore, invitare al dialogo. Perché, come ha sottolineato Marcasciano, «il mondo in cui viviamo da persone trans ci permette sì di vivere, ma non sempre allo stesso modo di tutti gli altri». E allora servono ancora, e sempre, figure potenti come Marcella Di Folco, che alza la voce anche per te, salta sul motorino se hai bisogno di una mano e poi, magari, lascia in eredità la sua vaporosa parrucca per chi verrà dopo.
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