Intervista a RIOT DOG onlus. 

Riot dog nasce sulle colline bolognesi, in uno spazio nel verde strutturato in recinti che permettono ai cani di stare liberi in gruppi sociali ed esprimere il loro ruolo e la loro personalità.
All’interno di ogni recinzione ci sono una casetta in legno e dello spazio verde a disposizione, tutti i cani hanno accesso a un’area di circa un ettaro che comprende parte di bosco. Grazie a questa zona i cani hanno modo di stare insieme e definire autonomamente relazioni e preferenze.

Al momento vengono ospitati circa trenta cani e quattro umani, ma diverse figure di supporto ruotano all’interno della struttura; da educatorx formatx a persone che aiutano nei lavori quotidiani e di manutenzione del rifugio, tra cui le passeggiate in libertà che si svolgono ogni mattina sulle colline tutt’attorno.

due persona passeggiano tra i boschi con nove cani di razze diverse, nessuno è legato e sembrano tutti sereni

Com’è nato il progetto e quali sono i suoi scopi e obiettivi?

Crediamo che ogni essere vivente debba vivere libero e che ogni prigione fisica o mentale debba cessare di esistere.
I canili sono carceri, sono luoghi dove si gettano soggettività scomode che nessunx vuole, molti cani vi crescono e muoiono conoscendo solo odore di stress e dolore.
Vogliamo proporre una visione non pietistica, in cui i cani non siano considerati poverini da salvare, ma vorremmo fare emergere e valorizzare la personalità e il potenziale di ogni singolo individuo.
Per questo abbiamo pensato a un nuovo modello di rifugio, dove proprio quei cani che non si adattano alla reclusione e alla privazione del canile, quelli definiti problematici o inadottabili possano ritrovare se stessi e la libertà.
Il fine ultimo resta chiaramente l’adozione, ma un’adozione consapevole basata sul rispetto e l’ammirazione di personalità uniche e meravigliose.

felpa di riot dog verde: sul retro, il disegno giallo di un cane che piscia sul cartello in cui c'è il simbolo "vietato ai cani"

Cosa intendete per “approccio antipsichiatrico”?

Abbiamo un approccio antipsichiatrico perché siamo convinte che ogni essere vivente possa essere meraviglioso nell’esprimere sé stesso se si trova nel contesto giusto e con le persone giuste. Bisogna decostruire il concetto di normalità e aprirsi a nuovi modi di relazionarsi, sia con gli animali umani che non umani. 

In che modo si può sperimentare una socialità diversa tra animali non umani e tra animali umani e non umani? 

Bisogna scardinare alcune regole o tendenze fortemente introiettate, è davvero fondamentale riuscire a fare questo passo e decostruire il controllo, capire che non siamo i padroni del mondo ma ogni individuo che vive affianco a noi ha dei desideri e dei bisogni da rispettare. Le nostre competenze tecniche e la nostra spinta antispecista ci aiutano in questo, a combattere una visione protettiva e stereotipante sul cane e sugli altri animali.

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