C’è solo una cosa che ha reso il rilascio a luglio delle prime incredibili immagini spaziali del James Webb Space Telescope (JWST) meno entusiasmante per alcunə astronomə: il nome del telescopio. James Webb, che è stato funzionario governativo negli anni Cinquanta e amministratore dell’Agenzia Spaziale Americana (NASA) negli anni delle missioni Apollo, viene infatti contestato per la sua presunta complicità nell’applicazione di politiche discriminatorie nei confronti delle persone omosessuali.

NASA, ESA, CSA, STScI

Lanciato nello spazio il 25 dicembre 2021, il JWST è un potente telescopio per l’astronomia a raggi infrarossi nato dalla collaborazione tra la NASA, l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e l’Agenzia Spaziale Canadese (CSA). Tra i suoi obiettivi ci sono la rivelazione della luce delle prime galassie dell’universo e l’analisi delle atmosfere di esopianeti alla ricerca di tracce di vita. Di solito i telescopi spaziali prendono il nome di scienziati famosi ma così non è stato per il JWST, cosa che ha portato alcune persone, nonostante l’entusiasmo per la promessa scientifica di questo mezzo, a contestare la possibile eredità morale che si porta addosso.

Nel 2015 il giornalista e attivista americano Dan Savage ha pubblicato l’articolo «Should NASA Name a Telescope After a Dead Guy Who Persecuted Gay People in the 1950s?» aprendo un dibattito online che ha portato anche alla creazione di una petizione, firmata da 1700 persone della comunità astronomica, che all’inizio del 2021 chiedeva alla NASA il cambio del nome del telescopio.

Webb è accusato di essere stato, nel migliore dei casi, complice inerte della discriminazione omofoba perpetrata dal governo federale degli Stati Uniti negli anni ‘50 e ‘60. Durante questo periodo – noto come Lavender Scare, paura della lavanda gli uomini e le donne omosessuali venivano definite come pervertitə talmente disperatə nel mantenere segreto il loro orientamento sessuale da diventare a rischio di rivelare sotto ricatto segreti del governo. Per questo motivo, lavorare per agenzie governative, compresa la Nasa, e subire il sospetto di essere omosessuale portava a indagini, interrogatori, dimissioni forzate o licenziamenti.

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A seguito di un’inchiesta interna del settembre 2021, i cui dettagli però non sono stati divulgati, l’attuale amministratore della NASA, Bill Nelson, ha dichiarato che il nome non sarebbe stato modificato perché non erano emerse prove che ne giustificassero il cambio: «We have found no evidence at this time that warrants changing the name of the James Webb Space Telescope». Tuttavia, a marzo 2022, la rivista scientifica Nature ha avuto accesso a 400 pagine di documenti interni alla Nasa, incluso un documento non destinato al pubblico in cui si diceva che «La Nasa aveva deciso che la rimozione dei dipendenti omosessuali sarebbe stata la sua politica. Durante il mandato di Webb come amministratore hanno avuto la possibilità di impostare o modificare quella politica».

Questi documenti sono stati ripresi anche dalla fondazione non-profit JustSpace Alliance che quest’estate ha pubblicato un documentario che approfondisce le politiche discriminatorie diffuse durante il periodo della Guerra Fredda. Tra l’analisi dei documenti e le testimonianze delle difficoltà incontrate ancora oggi da esponenti LGBTQ+ nella comunità scientifica, viene naturale chiedersi come mai la NASA si ostini a non voler mettere in discussione una decisione che lascia moltə scontentə e di cui non si riesce nemmeno a capire fino in fondo il senso.

Ma come sempre più spesso avviene anche all’inaugurazione di monumenti o statue dedicate a personaggi del passato, lo scontro è tra il sogno e l’ispirazione che queste opere vogliono suscitare e la natura spesso imperfetta e fallace degli esseri umani. Forse nel caso degli strumenti scientifici come i telescopi potremmo limitarci a chiamarli con delle semplici sigle e lasciare che l’orgoglio che suscita l’esplorazione dello spazio non sia rivolto a una singola persona ma all’intera collettività di scienziatə, ingegnerə e tecnicə che rendono possibili tali imprese.Il telescopio che entusiasma ma con un nome che divide