Dal 1600 al 2021, da Londra a Taipei, Wei Muni e Chen Hung-I dirigono il film As we like it, in programma il 2 settembre per Gender Bender. Ispirandosi alla quasi omonima commedia di Shakespeare, lә due registә cantano un’ode contemporanea all’amore libero, e restituiscono voce alla tradizione culturale taiwanese

Non è certo la prima volta che assistiamo alla trasposizione cinematografica di un’opera shakesperiana, ma mai come in questo caso la macchina da presa ne realizza la fluidità, esprimendo tutte le potenzialità del testo teatrale come spazio di ricezione. 

Dagli anni Ottanta a questa parte, As you like it (1599-1600) è forse la commedia del Bardo più studiata nell’ambito dei queer studies. Riprendendo lo schema classico di un dramma romanzesco, il conflitto natura/cultura si traduce nello scontro speculare tra due mondi: la pompa invidiosa della corte, con le sue pressioni secolari, e la mitica foresta di Arden. Qui fuggirà in esilio il Duca seguito dalla figlia Rosalind e la cugina Celia, entrambe fuggite dalla corte. Per aggirare i pericoli a cui la fuga le espone, la prima prenderà le vesti di un uomo, e sarà Ganimede; la seconda invece cambierà nome in Aliena. E proprio nella foresta Rosalind incontrerà Orlando che s’innamorerà di lei. Nulla di strano, fin quando lei non deciderà di sfruttare il proprio travestimento per curare le pene d’amore del giovane, convincendo Orlando a corteggiare lui al posto di lei, Ganimede al posto di Rosalind, in un gioco di equivoci e ambiguità a cui la scena si presta con il triplice travestimento del personaggio femminile. 
Fino al 1660, infatti, le donne non avevano diritto di calcare le scene del teatro come attrici, ragion per cui è un attore vestito da donna a interpretare Rosalind, a sua volta vestita da Ganimede, che fingerà di essere una donna. In una commedia ossessionata dal motivo dell’amore a prima vista (da qui la citazione «Who ever lov’d that lov’d not at first sight?»), il crossdressing sprigiona il carattere polimorfico del desiderio dei personaggi e smaschera il carattere performativo dei ruoli di genere. 

Se tutto il mondo è un palcoscenico («all the world’s a stage») il genere non resta che un role-play, un ruolo nel palcoscenico della vita, costruito su codici e convenzioni formali, in cui resta ben poco di naturale o essenziale.

L’amore è quindi libero nella foresta di Arden, così come lo è nello Ximenting, quartiere di Taipei in cui il film è ambientato. Proprio qui Rosalind, interpretata da Puff Kuo, gioca con le parole di una famosa citazione tratta da Romeo and Juliet, e si chiederà: «può una Rosa diventare una Petunia?» Potrà Rosalind, nei panni di Roosevelt, far innamorare Orlando? Il leitmotiv della sceneggiatura e della colonna sonora solletica gli interrogativi dei personaggi, ribadendo il valore dell’amore a prima vista, che è negli occhi più che nell’aspetto esteriore, nella persona più che nel suo essere solo corpo, maschile o femminile che sia

Lo Ximenting, ribattezzato per l’appunto «Foresta di Arden», non solo è eletto come «Romeo-free zone», ma è anche l’unico spazio della città libero dalle interferenze della rete. È infatti nella scelta del quartiere più tradizionale di Taipei che si annida la duplice utopia dell’opera. Non tanto però nella speranza di un irrealistico mondo senza Internet, quanto piuttosto nell’invito a riscoprire l’antica tradizione taiwanese dell’arte calligrafica, in assenza di comunicazioni possibili via cellulare. I versi d’amore che Orlando intaglia sulla corteccia degli alberi di Arden diventano qui delle lettere scritte artigianalmente con l’uso dei caratteri tipografici. È la lentezza che nutre il gesto a essere valorizzata, e l’autenticità di una tradizione che sopravvive, ancora oggi, nei meandri di una metropoli frenetica e ipertecnologica. Inoltre, il dialogo del film con il colore di altre forme mediali, come l’animazione, riesce a bilanciarne la tonalità, riproducendo la dimensione ora farsesca ora autoreferenziale del teatro elisabettiano. Orlando, ad esempio, rompe la quarta parete quando si interroga sul proprio orientamento sessuale, mentre le varie avventure urbane che movimentano la trama sono immaginate come i diversi livelli di un videogioco. 

Ultimo, ma non meno importante, è un implicito riferimento alla tradizione del teatro taiwanese che, al contrario del teatro elisabettiano, privilegiava le donne anche in ruoli maschili. Nel film, a restituire doppiamente la feconda ambiguità del crossdressing in Shakespeare, troveremo quindi un cast di attrici per la totalità delle parti maschili, come quella di Orlando, interpretata da Aggie Hsie

Dedicato ironicamente al patriarcato, ma soprattutto a chi non ha mai potuto calcare le scene, As we like it irride la cultura patriarcale e frantuma la rigidità del binarismo di genere.