Ventitré anni da poco compiuti, cresciutə a Umbertide a quaranta chilometri dall’organizzazione del Pride più vicino a Perugia – che comunque sente del tutto suo –, Ren Arman Cerantonio studia Linguaggi del Fumetto in Accademia delle Belle Arti di Bologna. Illustratorə e fumettista queer, parte del collettivo Raccolta dell’umido, oltre ad essere coordinatorə graficə e responsabile della Falla si dichiara con fierezza espertə di boys love.

La bozza di questo poster nasce dal percorso del Rivolta Pride, per il quale hai anche curato la grafica. Quali sono i punti in comune e quali le differenze tra queste illustrazioni, e cosa significano per te?

Un collegamento diretto sono anzitutto le persone raffigurate nel marciare verso la stessa direzione. Negli ultimi anni, le realtà LGBTQ+ e transfemministe di Bologna hanno unito le forze; come individuo e come membro del Cassero, sono estremamente felice che siamo riuscitə a dialogare e a confrontarci rispetto alle differenze percepite, perché nel panorama bolognese le realtà istituzionali e non hanno una base ideologica comune. Forse in questo è stata complice anche la pandemia, che ci ha fatto capire che non potevamo dare per scontato il Pride come lo conoscevamo.

La rete Rivolta Pride ha scelto di adottare il nero e il viola e il verde acido, colori non codificati rispetto al genere e che rappresentano un’estetica, appunto, di rivolta. È innegabile, purtroppo, che la rainbow flag sembra essere diventata un simbolo liberale, o comunque prevalentemente proprio degli uomini cisgay. In questo poster invece ho scelto di restituire il lavoro di risignificazione e intersezionalità che è stato fatto a partire dalla Philadelphia flag del 2018. È fondamentale portare al Pride i propri simboli e le proprie bandiere – a patto che non rappresentino un’affiliazione dichiarata a sistemi di potere opprimenti. Ho quindi utilizzato i colori della Progressive flag: se l’arcobaleno parla a modo suo degli orientamenti sessuali, il marrone e il nero, la bandiera trans* e quella intersex rappresentano le esperienze e l’orgoglio delle persone razzializzate e delle identità di genere oltre la cis-normatività. Infatti, entrambe le grafiche hanno in comune un elemento chiave: i fumogeni come simbologia della ribellione insita nel Pride, che nel suo essere colorato e pop rende al contempo manifesta la sua non sottomissione all’establishment.

Siamo già alla fine di giugno, e anche se i Pride continueranno nelle diverse città fino a dopo l’estate, ci sono già state molte manifestazioni. Riflessioni a (troppo) caldo?

Mi viene da ragionare sulle solite polemiche sul decoro, e credo che non ci sia niente di più accessibile alle famiglie che l’indecorosità. Non ha senso proibire aə bambinə di approcciarsi alla nudità e alla sessualità nella maniera sana e costruttiva che esprime la nostra comunità. Anche la superficialità, presunta o rivendicata, è una decostruzione culturale di tanti retaggi che abbiamo in Italia, come quello cristiano. Penso poi a come siamo tornatə a invadere le città, mentre la nostra presenza sul web negli ultimi anni è arrivata anche alle persone che per svariati motivi non trovano le piazze accessibili: è importante che ci siano percorsi di attivismo fisico e non che vadano di pari passo e non si escludano a vicenda – ecco perché i diversi personaggi sono connessi a dispositivi elettronici. Allo stesso tempo è fondamentale far sentire la nostra presenza nel tessuto cittadino, attraversando i centri storici e le vie principali: ricordo un Pride a Perugia in cui le persone si affacciavano dai balconi con curiosità, ma anche per mostrare il loro supporto.

Sei lə primə artista a firmare un secondo poster per la Falla: com’è stato il tuo percorso personale e casserino dal 2019?

Nei ringraziamenti della mia tesi pratica di laurea ho citato anche La Falla. In quanto persona trans*, il mio modo di pensare è eminentemente politico, e la redazione è stato per me il gruppo di maggior crescita sia autoriale che da attivista. Il tipo di attivismo che facciamo non è finalizzato solo a produrre contenuti che escano all’esterno della Salara, ma anche a una continua discussione tra tutte le redattrici, a una formazione anche umana, con le nostre reti e il nostro trovarsi, che sono poi i nostri punti forti e più noti. Il Cassero è la realtà che abitiamo anche al di là della redazione. Il ruolo di responsabile mi ha dato occasione di esplorarlo ancora di più e di vedere come sta cambiando: era un processo già in atto quando sono arrivatə a Bologna, ma negli ultimi anni c’è stato un grande lavoro dedito al cambiamento del modo di pensare, di fare attivismo e politica, con attenzione crescente su nuovi temi. Dal mio punto di vista, se la mozione di Casserocene era una dichiarazione transfemminista, l’elezione della prima donna presidente, Camilla Ranauro, è una dimostrazione fisiologica di come il Circolo stia cambiando.

Il primo poster che hai illustrato per noi – per la nostra scelta cromatica – era parecchio desaturato, mentre al contrario questo è molto colorato. Cosa ha conservato il tuo stile e come sono cambiate le illustrazioni della Falla?

Forse l’unico filo conduttore rimasto nel mio stile è l’interesse per l’anatomia e la resa dei corpi. Voglio che le persone possano rivedersi anche in maniera plastica e non ritrattistica, possano ritrovarsi in certi tipi di corpo fino a poco tempo fa esclusi dalla rappresentazione grafica mainstream: il fatto che oggi ci sia un’esplorazione più diffusa deə autorə queer è fondamentale in tal senso. Sono unə grande difensorə del giornalismo, della letteratura e dell’illustrazione online, ma la Falla nasce anacronisticamente cartacea come forma di resistenza, laddove l’editoria queer è stata per molto ostracizzata. Abbiamo mantenuto la sua vocazione al dialogo tra illustrazione e testo anche nel passaggio obbligato dalla pandemia al completo digitale. Ora, con quello che speriamo sia il numero zero della nostra collana Clamorosə, che ospita i poster mai stampati dal maggio 2020 al maggio 2022, la Falla torna in una nuova veste ad avere un peso corporeo.