Semplificazioni ed eteronormatività a lezione di biologia

Esistono alcune incrollabili certezze dopo aver studiato Scienze tra le medie e le superiori: che la materia è fatta di atomi; che in una fantomatica molecola chiamata DNA ci sono tutte le informazioni per la sopravvivenza; che esiste una teoria evolutiva scritta da un certo Darwin che ci spiega come mai abbiamo un antenato comune con le scimmie.

Molte di queste convinzioni sono in realtà semplificazioni della realtà; se è vero che la scienza procede per modelli, cioè approssimazioni della realtà, è altrettanto vero che esistono modelli più o meno semplici da comprendere. Ed ecco che iniziano una serie di semplificazioni (più o meno consapevoli) del sapere scientifico, che portano nascoste dentro di sé il germe dell’errore. In pedagogia vengono chiamate misconcezioni; a volte parliamo di innocue imprecisioni, ma altre possono dar luogo a conseguenze più o meno gravi.

Chi non ha mai sentito dire la frase «discendiamo dalle scimmie»? Un fraintendimento gigantesco della teoria evolutiva in cui tantissimi, più o meno consapevolmente incappano, complice un vago ricordo della celebre immagine della scimmia che, camminando, diventa uomo, rappresentazione di una evoluzione carica di patriarcato nel suo escludere la donna dai processi evolutivi.

Tra queste misconcezioni, una delle più incrollabili, è che a decidere il sesso nei viventi sia il DNA e più precisamente i cromosomi; chi non ha imparato a scuola che «l’uomo ha i cromosomi sessuali XY e la donna XX»? Potremmo definirla una certezza atavica, manifestazione biologica del binarismo uomo-donna che caratterizza il modo di pensare della nostra società.

Come potere anche solo pensare che possa esserci un errore in una suddivisione così semplice e facile da ricordare? Il pensiero umano è restio alle classificazioni complesse, preferendo ad esse le euristiche, quelle semplificazioni del reale a fin di bene che permettono di risparmiare energia mentale e ridurre le sfumature, così difficili da ricordare.

Ma a ben studiare la biologia, è evidente come una teoria di attribuzione esclusivamente cromosomica del sesso non stia in piedi: negli altri animali è qualcosa di molto più complesso di così. Non è solo il DNA a decidere il sesso, ma spesso anche altri fattori, come l’ambiente.

Pensiamo al caso del pesce pagliaccio, diventato celebre per il film Alla ricerca di Nemo, capolavoro della Pixar. Ebbene, nel film è presente un errore oltremodo grossolano: cioè il fatto che Marlin, il padre di Nemo, sarebbe dovuto diventare una madre! I pesci pagliaccio sono ermafroditi sequenziali, cioè possono essere sia maschi che femmine nell’arco della stessa vita. Questo non vuol dire che sono contemporaneamente sia maschi che femmine; in questo pesce tutti gli individui nascono maschi e vivono in piccole comunità con una sola femmina, ma possono diventare femmine in assenza di essa. Questo non è un caso isolato! Nel mondo dei viventi, il confine tra il maschile ed il femminile non è così netto come si potrebbe sembrare e come a molti piacerebbe credere.

Nel caso dei mammiferi, la situazione è meno fluida che in altri organismi: vuoi la necessità dell’allattamento; vuoi che nel caso dei mammiferi euteri come l’essere umano ci sia la questione della gravidanza, che richiede un organo specializzato; insomma, la determinazione del sesso è un po’ più rigida.

Tuttavia, nel corpo umano il sesso biologico non si riduce ai soli cromosomi posseduti (il sesso genotipico), ma implica una serie di processi di trasformazioni del corpo che portano alla comparsa degli organi genitali interni ed esterni, che non necessariamente corrispondono al sesso genotipico.

Immaginiamo per un attimo di essere futuri genitori, in attesa di scoprire il sesso della creatura alla prima ecografia. Questa informazione non ci verrà detta subito: il medico non lo dirà prima di diverse settimane dall’impianto perché fino alla settima settimana di sviluppo il sesso non è determinabile. Il corpo maschile e femminile si vanno sviluppando allo stesso modo, seguendo un percorso scandito dal cromosoma X, comune sia in uomini che donne. È solo tra la sesta e la settima settimana che si attiverà il cromosoma Y, liberando una proteina chiamata Sry che avvierà una serie di modifiche corporee che indirizzeranno lo sviluppo verso caratteri maschili, a partire dalla formazione dei testicoli.

Non è detto però che il cromosoma Y riesca a svolgere appieno la sua funzione. Per esempio, la mera presenza di questa massa di geni non è sufficiente allo sviluppo di un corpo esteriormente maschile, se le nostre cellule sono incapaci di dare un significato al testosterone prodotto dai testicoli; il cromosoma X continuerà in questi casi a lavorare indisturbato, e si genererà un corpo esteriormente femminile. Questo è il caso della «insensibilità agli androgeni», solo uno delle molteplici situazioni che costellano l’universo dell’intersessualità. Un tema quasi mai segnalato nei libri scolastici, eppure al contempo dall’elevatissimo potenziale educativo: è la prova inconfutabile del fatto che nell’umano non è possibile mettere un aut-aut tra sesso maschile e femminile, che non possiamo rinunciare alla complessità di cui è intrisa la biologia nelle questioni umane. Esiste tutto un continuum di situazioni intermedie che meriterebbero la dovuta attenzione, anche a livello legale, considerata l’attuale attribuzione del sesso alla nascita nei documenti.Questo è solo uno dei tanti esempi di quello che è un grande problema didattico e scientifico: essere portati a guardare con uno sguardo etero-normativo alle cose della natura. Perché la natura è intrinsecamente queer, imprevedibile e difficile da classificare; cercare di assegnarle visioni binarie e semplicistiche, influenzate dalla cultura dominante del periodo, è un ostacolo alla sua reale comprensione.

APPROFONDIMENTI:

·       SMITH T., SMITH R.L., Elementi di Ecologia, nona edizione, Pearson, pp.231-232 (titolo originale: Elements of Ecology, 9th edition, 2015, Pearson Education)

·       SNYDER V., BROADWAY F.S., Queering High School Biology Textbooks, Journal of Research In Science Teaching Vol. 41, No. 6, Pp. 617–636 (2004)·       WIDMAIER E.P et al., Vander Fisiologia, 2011, C.E.A. Casa Editrice Ambrosiana, pp.591-593 (titolo originale: Vander’s Human Physiology: the mechanisms of Body function, 12th edition, )