«Il nostro compito deve essere fare disordine e creare problemi, scatenare una risposta potente dinanzi a eventi devastanti, ma anche placare le acque tormentate e ricostruire luoghi di quiete»1: così Donna Haraway apre il suo Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto. Mi pare che lo stesso compito sia stato assunto da chi, nel corso dell’ultimo anno, ha deciso di assumersi la responsabilità di fotografare, riflettere e orientare la vita del Cassero di Bologna in vista di un nuovo triennio associativo.

Io stesso sono stato parte integrante di questo processo e decido qui di restituirlo, con tutti i pregi e i difetti della focalizzazione interna, per lasciarne una testimonianza che sia tutto fuorché innocente, perché «mantenere uno spazio aperto non è affatto una pratica etica o materiale innocente e ovvia: anche quando viene portata a termine con successo, richiede pegni di sofferenza2».

IL PERCORSO

Il percorso che ha portato alla scrittura della mozione Casserocene: verso nuove ere transfemministe è stata un’esperienza politica laboratoriale di ampio respiro e dalle modalità rivoluzionarie.

Si è configurata, innanzitutto, come una pratica di raccolta, una chiamata alla condivisione delle urgenze seminate del corso dei precedenti sei anni di vita associativa. Perché l’esperienza Casserocene affonda le sue radici metodologiche nelle conquiste di Buon Vento – nome della mozione più votata al congresso casserino del 2014 – e attraversa le bontà e le contraddizioni tanto di quest’ultimo quanto del triennio Lanciamo le reti, l’esperienza di governo del Cassero appena conclusasi. Non un’iniziativa ingenua, quindi, ma l’apertura di uno spazio associativo capace di guardarsi in faccia con passione e rigore, facendo gemmare ciò che di buono è stato prodotto e compostando tutto il resto.

Questo percorso precongressuale è durato nove mesi, da novembre 2019 a settembre 2020, e si è articolato in tre momenti distinti:

  1. una prima fase di incontri gestiti secondo le modalità del world cafè, con l’obiettivo di dare a ciascuna delle partecipanti la possibilità di condividere il proprio sapere e il proprio sentire su ognuno degli argomenti emersi nella preliminare operazione del raccolto.
  2. Una seconda fase on line, perché la pandemia è entrata prepotentemente nelle nostre vite, ridefinendoci ma non fermandoci. In più di trenta incontri virtuali abbiamo sviscerato ogni tema portato in dote dai world cafè; lo abbiamo fatto attraverso il metodo del consenso, dunque grazie a una pratica non scontata e non semplice da utilizzare, soprattutto se applicata a una platea di una trentina di partecipanti. 
  3. Infine, i momenti della scrittura vera e propria della mozione e la scelta delle candidate consigliere. Attraverso l’esercizio della delega, sono state individuate sei persone a cui è stato dato il compito di sintetizzare e rielaborare gli esiti politico-programmatici dei mesi precedenti; ultimata la prima bozza di mozione, l’intero insieme delle partecipanti al percorso precongressuale ha potuto leggere, commentare e proporre modifiche rispetto a quanto emerso: un vero e proprio esercizio di scrittura collettiva. Parallelamente, attraverso le procedure dell’educazione non formale, si è proceduto all’individuazione delle nove consigliere a cui spetterà il compito di realizzare Casserocene nel prossimo triennio.

Confronto diretto, world cafè, consenso, delega, educazione non formale: in queste parole risiede la rivoluzione messa in atto da un percorso così configurato. Una rivoluzione nei modi, nei tempi e nelle strutture della politica, che permette al metodo di farsi merito, che fa dell’orizzontalità una struttura decisionale efficace; una rivoluzione che configura il Cassero come una realtà dinamica e d’avanguardia sotto il profilo delle tecniche della partecipazione.

LA MOZIONE

La mozione Casserocene: verso nuove ere transfemministe è un preciso posizionamento associativo e culturale.

Le ventinove pagine del documento geolocalizzano il circolo nell’orizzonte transfemminista delle lotte per le rivendicazioni LGBT+. Lo fanno in maniera dolce e netta, riconoscendo il Cassero come un luogo di maschi, bianchi, cisgenere e abili che producono teorie e azioni in linea con questo portato identitario. Lo fanno riconoscendo, altresì, che nel circolo è già in atto, da anni, una mutazione genotipica e fenotipica, un cambiamento che sta progressivamente spostando il Cassero verso la frequentazione di dimensioni meno privilegiate, spingendolo a essere sempre più rappresentativo per tutte le identità che lo attraversano. Una mozione in cammino, in cui la parola «verso» restituisce auspici e aporie, presente e futuro, in una dichiarazione programmatica solenne e carica di humusità.

Casserocene è un documento politico che porta inscritta una ridefinizione delle nostre priorità e che lavora affinché il circolo attraversi, in maniera consapevole, le istanze della governance, delle economie, del loisir, del welfare, dell’ecosostenibilità, delle reti cittadine, nazionali e internazionali e delle narrazioni che decide per se stesso. Affrontare queste tematiche, farlo nel bel mezzo di una pandemia, significa assumersi la responsabilità collettiva di una storia lunga quasi quarant’anni, significa sporcarsi con il fango fertile della realtà per consacrarci alle divinità ctonie di un mondo nuovo e diverso.

IL CONGRESSO

Le promesse mostruose di una mozione nomade hanno trovato una prima validazione nel congresso celebratosi il 27 settembre scorso.

Un congresso partecipato, dibattuto, lungo. Alcune socie presenti hanno espresso insofferenza proprio rispetto alla dilatazione dei tempi, eppure la politica ha bisogno di prendersi tutte le ore di cui necessita, brama la temporalità pachidermica della riflessione, deve viaggiare su sentieri tortuosi dai panorami mozzafiato. Per chi già abita nel Casserocene, un pomeriggio speso a parlarsi non è di certo un gran sacrificio: siamo già sulla strada più lunga, ben allergiche alle scorciatoie.

In questa sede, è stata approvata quasi all’unanimità la mozione e la lista di consigliere a essa connessa: Giuseppe Seminario (presidente), Camilla Ranauro (vice presidente), Francesco Colombrita, Maurizia Ciulini, Pietro Guermandi, Paola Pizza, Francesco Giovinazzi, Giosy Varchetta e Roberto Berveglieri.

Durante il congresso, inoltre, sono stati approvati alcuni ordini del giorno connessi a Casserocene, risoluzioni capaci di ampliare il raggio d’azione della mozione e di renderla effettiva fin da subito. Voglio citare un paio di queste operazioni, per me fondamentali:

  1. in primo luogo, la revisione dello statuto del Cassero al fine di declinarlo completamente al femminile. L’introduzione del femminile universale all’interno di un documento ufficiale, al posto del maschile sovraesteso, risponde all’esigenza politica di emersione delle specificità espunte dalla società, partendo proprio dal rimosso più significativo per violenza e tempistiche, ovvero quello delle soggettività donne e femministe, schiacciate da millenni di repressione. Non sarà lo statuto del nostro circolo a convertire l’intera storia dell’occidente, ne siamo consapevoli, ma ci assumiamo la responsabilità del pezzo che ci compete, cominciamo col rivoluzionare noi stesse, i nostri linguaggi e la nostra forma mentis.
  2. Parimenti, abbiamo modificato il nostro nome in “Cassero LGBTI+ center” e introdotto il termine “trans*” nel nostro statuto, sostituendo formule ormai arcaiche quando non discriminatorie. Anche in questo caso, due semplici segni grafici – il più e l’asterisco – si rivelano dispositivi di liberazione, connettendoci a istanze che saranno fondamentali nel prossimo triennio, come quelle del controllo sociale dei corpi che attraversano il movimento  e dell’emersione delle nostre identità invisibilizzate, con tutto il loro portato di esigenze e rivendicazioni.

Piccoli passi, impercettibili per i più, ma che sanciscono l’avvio di un patto associativo che il congresso ha celebrato all’interno della sua matassa rituale: sono i fili di Arianna che sarà nostro compito intrecciare e sbrogliare in giochi infiniti di sensi e risignificazioni.

PER UN CASSERO TENTACOLARE

«La tentacolarità è una vita vissuta lungo le linee – tantissime linee – e non nei punti, non nelle sfere»3. Raccogliamo, allora, la sfida di un Cassero tentacolare, in grado di assumersi la responsabilità di ciò che rifugge la rigidità, di quanto richiede ibridazione, di coloro che pretendono parola. Creiamo un luogo di confine capace di fare dei margini e della loro frequentazione un progetto e un’identità. 

«Generate parentele, non bambini!»4, esorta Haraway. Se Casserocene riuscirà nel suo intento, avremo fatto un passo importante verso quella comunità che, fino a oggi, è sorellanza solo negli spazi dell’utopia. 

1 Donna Haraway, Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto, Roma: NERO, 2019, p. 13.

2 Ivi, p. 61.

3 Ivi, p. 53.

 4 Ivi. p. 147.

Immagine in evidenza realizzata da Bogdan Craciun, immagini nel testo di Paola Pizza, da emergenzeweb.it e da facebook.com