di Andrea Cioschi
Andrea Madalena è un artista molto amato, non solo dalla comunità gay di cui esplora l’immaginario senza freni inibitori, ma anche dal pubblico più esteso. I suoi corpi portano il concetto di maschile verso l’estremo – il pelo foltissimo, i genitali ipertrofici, la struttura muscolare espansa – ma sono in qualche modo anche reali, raccolti nelle memorie della vita e re-immaginati attraverso un segno quasi espressionista che ne sprigiona la carica erotica. Sono corpi che non solo rinunciano a nascondersi ma anzi chiedono a gran voce di essere visti, di essere rappresentati.
Come è nata l’idea per il poster che hai realizzato per La Falla?
Dato che era per il numero estivo, volevo realizzare un’illustrazione a tema, e cosa c’è di meglio del mare e la spiaggia?
Il tuo stile nel corso degli anni si è molto evoluto, dai primi lavori ispirati al fumetto e all’animazione giapponese fino ai più recenti, come quelli realizzati a carboncino che hai esposto a Senape Vivaio Urbano, dove il segno si è fatto più ruvido e veloce, abbozzato. Come è avvenuto questo passaggio?
È avvenuto naturalmente e segue una mia esigenza artistica: la continua ricerca di uno stile personale che si distacchi sempre più da segni e stilizzazioni stereotipati. La svolta c’è stata quando ho incontrato la maestra Octavia Monaco, che mi ha insegnato a non dare nessun segno per scontato, a disegnare (e dipingere) non con la testa ma con la pancia. Il che equivale a dire di abbandonare quello che “sai” per cercare quello che “sei”.
Come scegli i corpi che disegni? Sono modelli, uomini che incontri, fantasie?
Di solito disegno “a memoria”, cioè lascio libera la fantasia. I quadri della mostra Musi ispiratori invece sono tutti pseudo-ritratti realizzati dal vivo. È stato un lavoro molto divertente. Ma anche in questo caso la libera interpretazione ha giocato un ruolo fondamentale.
Il tuo lavoro è spesso esplicito per contenuti erotici e sessuali, è una scelta audace. Ti ha creato problemi di censura?
Ci sono stati alcuni episodi di censura. A una collettiva non hanno esposto una mia illustrazione perché troppo esplicita. Ma sono stati episodi sporadici. Il problema più grosso per lavori di questo genere è la diffusione, sono pochi i canali che li accettano, soprattutto in Italia. Non solo perché sono erotici, ma anche perché sono gay. Per questo mi è più facile trovare collaborazioni con l’estero. Bologna è un po’ un’isola felice in questo senso. Realtà ricettive anche alle tematiche LGBT+ non mancano. I ragazzi di Senape sono stati eccezionali ad accettare di fare una mostra in parte vietata ai minori. E poi qua c’è Renbooks, la prima casa editrice LGBT+, con cui ho una proficua collaborazione.
La tua arte spesso si sposa con iniziative legate all’attivismo LGBT+, che significato ha per te la militanza?
Per me militanza significa vivere esprimendo se stessi sempre, senza filtri, anche quando è difficile o inopportuno. È quello che faccio e che vorrei trasmettere anche con il mio lavoro.
Quindi questa estate tutti al mare senza costume?
Ma certo! A me piace praticare il nudismo, peccato non si possa fare dappertutto.
pubblicato sul numero 7 della Falla – luglio/agosto/settembre 2015
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