Secondo lo studio dell’archeologo Dean White, le celebri impronte rupestri raffiguranti mani – ritrovate in molte grotte dall’Europa all’America Latina e cronologicamente diffuse lungo tutto l’arco della preistoria – sono opera di donne. White si è basato, nel 2013, sull’indice elaborato da Manning, un biologo che ha individuato un diverso rapporto di lunghezza tra le dita di uomini e donne.
Secondo questi parametri, le impronte apparterrebbero a donne e il 75% di quelle analizzate lo conferma.
La teoria sembra avvalorata dal fatto che in molte comunità di cacciatori-raccoglitori erano le donne a trasportare le prede e questo spiegherebbe il tema, apparentemente maschile, della caccia.
Alcuni studiosi rimangono scettici e sostengono che le impronte siano da attribuirsi ad adolescenti. C’è anche chi, a favore di White, ricorda come nelle culture preistoriche le grotte erano il limes tra mondo terreno e non, per sostenerne la realizzazione a opera di sciamani, spesso donne o persone di genere non conforme.
Pubblicato sul numero 51 della Falla, gennaio 2020
immagine realizzata da Claudia Zazu Tarabella
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