Quando la destra pochi mesi fa ha stravinto le elezioni politiche, ci siamo sentit* avvolgere da una nebbia cupa. Tra un meme e l’altro, tra una risata amara e il senso d’ansia, si è costruita una narrazione in stile «scarpe rotte eppur bisogna andar», quasi come se da un giorno all’altro dovessimo ritirarci tutt* sui monti a organizzare la Resistenza. In realtà il governo Meloni è molto meno fascista di quel che la cosiddetta sinistra parlamentare ci vuol fare credere, ma anche di quello che Meloni stessa vuol far intendere alla sua base. Se l’Europa è inquieta per noi, che si rilassi pure. Pare abbastanza evidente che ci sia un allineamento del nostro governo attuale con le richieste europee sul piano finanziario, che non ci saranno strappi per uscire dall’euro, che l’atlantismo resta indispensabile per non scontentare gli Stati Uniti, i nostri imperatori decadenti. Alla peggio, finiremo come Ungheria e Polonia sul diritto all’aborto e su quelli delle persone LGBTQ+, cose che al momento non paiono aver minato l’appartenenza di questi Stati all’Ue. 

Anche la spinta nazionalista è una finta: in barba ai fasci veri della base che vorrebbero la «destra sociale» con un welfare state riservato agli italiani, quando la destra va al governo non fa mai alcunché per contrastare il capitalismo finanziario e la possibilità, per le grandi imprese, di tenersi la sede legale nei Paesi più fiscalmente paradisiaci. Questo è lavorare per la globalizzazione economica, esattamente come quando al governo c’è il Pd. Certo, la destra usa molto di più migranti, pover*, minoranze, come capri espiatori dei problemi nazionali. Ricordiamo però che gli accordi per limitare i flussi migratori sottoscritti con la Libia nel 2017, poi rinnovati fino al 2023, sono stati firmati dall’allora ministro dell’Interno Marco Minniti, del Pd, durante il governo Gentiloni. 

La lista delle atrocità commesse o condonate dal Pd in questi suoi undici anni di partecipazione a diversi governi, sempre all’insegna del motto sangue, sudore e lacrime, è lunga e spazia attraverso molte questioni fondamentali dell’oggi. In Italia il Pd è uno zombie, nato zombie, che non ha mai fatto gli interessi de* pover* e de* lavorator*, e che dovrebbe essere raso al suolo e rifondato per poter riacquistare un qualche slancio. La sinistra del Pd è imbarazzante, autolesionista e atomizzata da quando, con autentico spirito suicida, nel 2008 un congresso fratricida disgregò Rifondazione Comunista quando era al 10%. 

Che fare? Chi ha il pelo sullo stomaco e la fiducia esistenziale per farlo, può tentare di agire per un cambiamento vero all’interno dei partiti. Chi, come molt* attivist* LGBTQ+, ha già preso troppe randellate per crederci ancora, deve continuare a lavorare dal basso come ha sempre fatto: collettivi, associazioni, auto mutuo aiuto, ma anche produzione culturale, per aiutare la gente, una persona alla volta, a vivere con i bisogni primari soddisfatti e in generale con più agio. Nell’attesa dell’Armageddon ambientale o che, finalmente, in tutto il mondo poor people gonna rise up and take what’s theirs (Talkin’ about a revolution, Tracy Chapman, 1983). Finché il sistema economico resterà quello capitalista, e finché lo stato sociale continuerà a essere sgretolato, la guerra principale resterà quella contro le persone povere, qualunque sia il governo a combatterla.