Ora, al di là dell’insensibilità e della mancanza di solidarietà sociale che la sua affermazione comporta, al di là del fatto che sia stupida (in assenza di un welfare decente chi crede che mantenga o sostenga le schiere di disoccupat* o male occupat* del nostro ridente Paese?), questo tweet, nella sua crudezza, apre una riflessione non banale.
Chi è considerato indispensabile in un’economia capitalistica a cui interessa solo produrre (meglio se dall’altro capo del mondo, che costa meno) e generare profitti? In una società di sommersi e salvati in cui questi ultimi non si interessano minimamente delle sorti altrui?
La cultura, il cui sistema di produzione in Italia, per carità, è già abbastanza tossico di suo, è indispensabile o no?
E le persone fragili perché malate?
E gli homeless?
E le frocie che non si riproducono per antonomasia?
E il sesso dei cishet fatto senza scopo di procreazione?
E i migranti che aspettano Godot su barconi malsani?
E la musica?
E l’arte?
E l’amore, qualunque forma assuma?
Rivendichiamo con orgoglio la nostra improduttività in questo sistema che ci vuole isolate o autoeliminate, e non permettiamo che ci schiaccino: we will survive, anything, come dice Gloria Gaynor.
Pubblicato sul numero 59 della Falla, novembre 2020
Immagine nel testo da globalist.it e immagine in evidenza da open.online
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