«Per quanto ci addolori ogni singola vittima del Covid19, dobbiamo tenere conto di questo dato: solo ieri tra i 25 decessi della Liguria, 22 erano pazienti molto anziani. Persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese che vanno però tutelate». Questo il tweet del primo novembre del governatore della Regione Liguria, Giovanni Toti, uno storico delfino berlusconiano che, come Renzi col Pd, si è distaccato dal grande padre B. per creare un suo micro-partito, Cambiamo!, con cui si è riconfermato governatore alla tornata di elezioni regionali di settembre. È stato – a giusta ragione – sommerso dalle critiche per il suo cinismo, ha incolpato il social media manager, ha specificato che lui intendeva isolare in casa da soli gli anziani per non farli contagiare, e come magister B. gli ha insegnato, che è stato frainteso. 

Ora, al di là dell’insensibilità e della mancanza di solidarietà sociale che la sua affermazione comporta, al di là del fatto che sia stupida (in assenza di un welfare decente chi crede che mantenga o sostenga le schiere di disoccupat* o male occupat* del nostro ridente Paese?), questo tweet, nella sua crudezza, apre una riflessione non banale. 

Chi è considerato indispensabile in un’economia capitalistica a cui interessa solo produrre (meglio se dall’altro capo del mondo, che costa meno) e generare profitti? In una società di sommersi e salvati in cui questi ultimi non si interessano minimamente delle sorti altrui?

La cultura, il cui sistema di produzione in Italia, per carità, è già abbastanza tossico di suo, è indispensabile o no? 

E le persone fragili perché malate? 

E gli homeless? 

E le frocie che non si riproducono per antonomasia? 

E il sesso dei cishet fatto senza scopo di procreazione? 

E i migranti che aspettano Godot su barconi malsani? 

E la musica? 

E l’arte? 

E l’amore, qualunque forma assuma? 

Rivendichiamo con orgoglio la nostra improduttività in questo sistema che ci vuole isolate o autoeliminate, e non permettiamo che ci schiaccino: we will survive, anything, come dice Gloria Gaynor.

Pubblicato sul numero 59 della Falla, novembre 2020

Immagine nel testo da globalist.it e immagine in evidenza da open.online