di Vincenzo Branà
C’erano alcuni che alle 10.15 erano già seduti al tavolo: per chi vive per strada e la notte trova rifugio in un dormitorio, la giornata inizia presto e molto spesso con un brusco risveglio. Il letto è solo un giaciglio temporaneo e c’è un orario entro il quale ti viene chiesto di lasciarlo. Così alle 10.15, se la giornata è partita in quel modo, di strada ne hai già messa un bel po’ sotto i piedi e probabilmente sei in cerca di una sedia al caldo su cui riposare. La nostra Befana per le persone senza fissa dimora, insomma, è partita sin da subito con il pienone e così è andata avanti fino alle 16, l’ora che avevamo fissato per lo stop alle danze. Che non è solo un modo di dire: sotto la shiny disco ball, tra una pastasciutta e un panettone, c’è anche chi ha approfittato dell’occasione per calcare la pista di cui tanto si parla in città. “Ma qui siete tutti gay?”, ha chiesto qualcuno. Di domande come questa ne sono arrivate diverse, camuffate dai bisbigli di un imbarazzo benevolo, nutrito da una sana curiosità. Le risposte erano quelle fresche dei volontari che in gran numero si erano resi disponibili per quest’impresa.
pubblicato sul numero 2 della Falla – febbraio 2015
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