COME I NOSTALGICI HANNO OCCUPATO UN GENERE NARRATIVO

di Francesco Colombrita

Tra i generi narrativi che hanno come tratto distintivo la manipolazione spazio temporale, volta a creare un’ambientazione in cui l’effetto di straniamento la fa da padrone, un ruolo particolare spetta all’ucronia.  

Oscillando tra fantastico e romanzo storico, e basandosi sull’interrogativo da terzo periodo ipotetico del what if, un testo ucronico ha come caratteristica identificativa quella di presentare la realtà come sarebbe potuta essere, immaginando un diverso corso degli eventi passati. Di questo tipo è la trama del libro La svastica sul sole, di Philip Dick, che immagina un mondo, contemporaneo al nostro, in cui è stata la Germania a sganciare la bomba e vincere la guerra (da cui è stata tratta una serie tv di medio successo: The man in the High Castle). Come anche quella del Complotto contro l’America, di Philip Roth, ambientato negli anni 30/40 del ‘900 in un’America che vede il filonazista Lindbergh vincere le elezioni presidenziali al posto di Roosevelt.

A differenza, ad esempio, della distopia, che non necessita di una spiegazione degli eventi che hanno portato allo stato dei fatti, siamo qui di fronte a narrazioni che analizzano la precarietà dell’accidente storico, e che da quello partono per sondare la precarietà della vita umana di fronte allo scorrere degli eventi.

Le vicende del ‘900 hanno fornito e forniscono tuttora un gran repertorio a operazioni di questo tipo e lo hanno fatto in particolare in Italia.

Abbandonate le pretese di critica sociale e l’inquietudine rispetto alle derive totalitarie della contemporaneità, il nostro paese ha visto nascere un vero e proprio sottogenere che dà l’impressione di voler rendere tangibili le amarezze nostalgiche di un certo reazionarismo.

Nel 2000 infatti, Gianfranco De Turris – scrittore, studioso di Julius Evola e militante neofascista – cura un’antologia di racconti dal titolo Fantafascismo!, i cui testi, che abbracciano anche la fantascienza, sono ricchi di ucronie legate all’esito della seconda guerra mondiale: tra questi spicca Canto d’appennino, in cui la lotta partigiana prosegue al punto da costringere i fascisti, rappresentati come vittime, a nascondersi e fuggire. Lo stesso De Turris si è alacremente impegnato – in veste di presidente del premio intitolato all’autore – per una rilettura dell’opera di Tolkien in chiave evoliana, meritandosi svariati apprezzamenti da intellettuali e scrittori di destra. A sua stessa firma svariate prefazioni a opere analoghe a quelle della sua antologia, tra cui spicca il romanzo La chiave del Caos, di Gianluca Casseri, simpatizzante di Casa Pound, che nel 2011, a Firenze, ha ucciso due migranti senegalesi.

Altri romanzi di rilievo del filone sono Occidente di Mario Farneti, trilogia il cui pretesto speculativo è il mancato ingresso in guerra al fianco di Hitler e Gli anni dell’aquila. Cronache dell’Ur-Fascismo 1922-2422, di Errico Passaro, il cui finale sacralizzante vede una forza aliena semi-divina assegnare al fascismo il ruolo di migliore ideologia mai esistita nell’universo.

Questo fenomeno letterario appare come una vera e propria rivendicazione politica che utilizza i meccanismi dell’ucronia non per produrre un effetto di straniamento utile alla presa di coscienza e alla riflessione, ma per mettere in scena un radioso futuro incidentalmente negato dal corso della storia. Come ha scritto Valerio Evangelisti, commentando proprio l’uscita di Fantafascismo!, siamo davanti a “una sottocultura che avanza mano nella mano con il ritorno di un’ideologia terribile. Dopo essere rimasta chiusa fuori dalla cultura mainstream italiana per anni, l’estrema destra ha usato la fantascienza, che allora era un genere letterario snobbato, per rientrare dalla porta di servizio.”

pubblicato sul numero 40 della Falla – dicembre 2018