RACCONTO FEMMINISTA INTERSEZIONALE DELLA STREGONERIA TRA PASSATO E PRESENTE

Perché parlare ancora oggi di caccia alle streghe? Basterebbe pensare allo sfruttamento turistico dei siti storici dove nel XVII secolo venivano appiccati i roghi delle streghe; basterebbe osservare l’attualità spaventosa delle persecuzioni odierne per comprendere la necessità di un nuovo racconto della stregoneria e del suo significato nella storia sociale europea.

Per la sociologa e filosofa femminista Silvia Federici, autrice del saggio Caccia alle steghe, guerra alle donne – nell’edizione italiana del 2020 di Nero Editions – il femminismo intersezionale e la storiografia devono entrambi fare nuova luce sul tema, rispondendo a un dovere di Storia e di informazione insieme. Secondo Federici, infatti, l’attivismo femminista in Occidente si è occupato troppo poco dei campi per streghe presenti oggi in Tanzania o in Nuova Guinea, così come non ha discusso a sufficienza delle relazioni tra la stregoneria e le guerre per la dote in India o delle straordinarie reti di resistenza di attivist* contro tali crimini tra Africa, America Latina e Asia. Le ragioni di questa timidezza risiedono, secondo Federici, nella paura di diffondere narrazioni coloniali e civilizzazionali, senza che si consideri invece il carattere globale del fenomeno stesso. 

Mappando le zone in cui oggi è ancora forte un’ossessione per la stregoneria, con esiti violenti sulle donne, e confrontando la geografia della caccia alle streghe del passato con quella presente, emergono delle connessioni essenziali. In questo quadro il possesso della terra sembra essere un chiaro trait d’union. La caccia alle streghe nella storia europea raggiunge il suo parossismo tra il 1560 e il 1660 e, come sottolinea Federici, va ricondotta a una pluralità di cause. Tuttavia, sembra che sia l’indagine delle sue radici materiali e socioeconomiche a definire la witch hunting come un tassello fondamentale nel processo di costruzione dell’Europa moderna. La cornice è quella della transizione violenta dal feudalesimo al capitalismo. Nel tardo Quattrocento l’avvento delle enclosures, le recinzioni delle terre comuni in singole proprietà private da parte di contadini abbienti e piccoli proprietari terrieri, comporta un drastico cambiamento nella concezione del paesaggio e delle relazioni sociali. La privatizzazione della terra va inquadrata infatti nel più ampio processo di smantellamento di una concezione olistica dell’ambiente fondata sull’armonia tra tutte le sue componenti, sulla gestione condivisa delle risorse terriere e sul supporto reciproco tra nuclei produttivi e familiari. Con l’imporsi di una visione riduzionista, volta al profitto e al consumo, la terra diventa una riserva da sfruttare a vantaggio esclusivo della sola componente privilegiata dell’intero sistema: l’essere umano. A questo movimento faranno da sfondo le prime invasioni coloniali oltreoceano, con la progressiva definizione di un’identità europea fondata sul contrasto con l’Altro, il colonizzato, in concomitanza allo sviluppo di una logica sempre più razionalizzante che influirà anche sul rapporto con gli animali. Se fino al XVI secolo si credeva in una certa continuità tra il mondo animale e quello umano, con l’avvento della modernità si diffonderà una contrapposizione netta tra la presunta razionalità e perfezione dell’uomo e la bestialità animale. 

A fronte di questi cambiamenti, che interessano anche una complessa rivoluzione nel sistema del sapere, l’ossessione per la stregoneria assume una sua specificità. Nel passaggio dal Medioevo al Rinascimento sono considerate streghe non solo le donne che, ad esempio nel contesto della cura dei malati, detengono un sapere medico alternativo al sapere formale, poi connotato come diabolico dalle autorità protestanti e cattoliche. Perseguitate come streghe sono anche le donne più anziane, tra le soggettività marginalizzate più colpite nel processo di espropriazione e privatizzazione della terra. Infatti, se prima dell’avvento delle enclosures, era possibile contare su una rete di supporto rappresentata dalla comunità in una gestione comune dei prodotti della terra, la crescente importanza del mercato ha escluso in primo piano le vedove o le donne senza figli mentre la cultura protestante cominciava a criminalizzare la povertà e le varie forme di carità ed elemosina. 

Il quadro si complica ulteriormente se si considera anche un’altra componente. Federici parla di enclosures della terra e del corpo femminile, quest’ultimo concepito esclusivamente come strumento di riproduzione della forza lavoro su cui rivendicare controllo, anche attraverso una crescente stigmatizzazione della libera sessualità. L’attenzione alla capacità riproduttiva del corpo delle donne ha contribuito a innescare quei meccanismi di isolamento e di ricerca di un capro espiatorio proprio tra donne anziane o senza prole che non si prestavano al rafforzamento del nuovo sistema sociale. La storiografia avrebbe poi accertato, senza però indagare troppo sulle sue cause, tutta una serie di comportamenti sospetti, per l’appunto, da parte di donne anziane che si aggiravano nei pressi delle nuove proprietà terriere. Si parla di sortilegi sul bestiame, simbolo di bestialità istintuale e quindi medium attraverso cui le streghe realizzavano i loro crimini diabolici; si citano atteggiamenti rissosi e molesti, e tentativi di approccio ai bambini e alle mogli dei proprietari. Ma tutto questo, con il senno di poi, non è forse da considerare una reazione di resistenza all’esclusione sociale e all’abbandono? Con gli strumenti di cui disponiamo oggi occorre chiederci quanto nella caccia alle streghe, come fatto storico che interseca la variabile del genere, dell’età e della posizione sociale, sia implicato anche un conflitto di classe.

Da questo punto di vista, se un nuovo racconto della stregoneria e della violenza sulle donne in quanto streghe interessa il femminismo intersezionale è anche per la molteplicità di questioni che la sua indagine solleva. Da un lato, infatti, la geografia stessa delle persecuzioni passate ci riporta con urgenza alla contemporaneità. Dove oggi nel continente africano si consumano ancora crimini per stregoneria si registrano gli stessi processi di privatizzazione ed espropriazione della terra che hanno caratterizzato l’avvento del capitalismo agrario nell’Europa del XVI secolo. Dall’altro, non è possibile ignorare le associazioni tra il sapere della stregoneria e un diverso modo di concepire il rapporto tra l’uomo e l’ambiente circostante. Alla luce di una crisi ambientale che è conseguenza della visione riduzionista e antropocentrica del mondo affermatasi agli albori della modernità, è forse nostro dovere chiederci quanto quella saggezza alternativa possa trasformarsi oggi in potere creativo. Con Caccia alle streghe, guerra alle donne Silvia Federici parla a un femminismo intersezionale, ambientalista e antispecista, invitandoci a interrogare il sapere delle streghe, a raccontare la sua storia, a farne strumento di cambiamento.