Il Collettivo MINE, vincitore l’anno scorso del premio DNAppunti Coreografici, è un esperimento interdisciplinare tra musica e danza di nuova creazione. «Pratichiamo la poetica del corpo, il movimento, la libertà creativa, l’intuizione, l’immaginazione al di fuori di ogni preoccupazione estetica, nuove spazialità, la multidimensionalità di genere» dichiarano le e gli gli artist* di MINE. 

Il suo debutto ufficiale è avvenuto proprio con lo spettacolo presentato al festival Gender Bender, dove ha portato in scena lo spettacolo  «Corpi elettrici (live version)». Il progetto speciale è nato grazie al – o, per meglio dire, nonostante il – lock down della primavera scorsa, dalla collaborazione del Collettivo con la Scuola di Musica Elettronica del Conservatorio G. B. Martini di Bologna. 

Le danzatrici e i danzatori si sono incontrati via Zoom, superando i limiti imposti dalla quarantena con venti giovani alliev* compositori/trici della Scuola, e hanno sviluppato il progetto attraverso questa inusuale modalità formativa e creativa, ideando altrettante coreografie, dapprima sotto forma di brevi elaborati di videodanza, ora interpretati dal vivo. 

Cinque gruppi, quattro musicist* per ogni dance-maker, tre incontri da due ore ciascuno, connessione che salta, telecamere che non inquadrano bene i corpi, tutto diventa creatività, discussione, confronto, due mondi che si incontrano, «Due strade diverse, un’unica meta» nota un musicista. 

Dal connubio delle due discipline nascono dubbi e risposte: «Cosa significa “accumulazione” per te?», «Cosa intendi per “ostinato”?», «Com’è un movimento “scordato”?»: le/gli artisti imparano l’un* dall’altr*. Si tratta di una riflessione sul solo, ogni danza è agita dai singoli interpreti, ma ciascun danzatore si ritrova connesso agli altri nello spazio del palcoscenico e della dimensione sonora. I corpi dei danzatori e delle danzatrici sono attraversati dalle sonorità elettroacustiche ideate dai giovani compositori del Conservatorio: interpretano scatti improvvisi, tic nervosi e danze solitarie energiche come scosse, che si alternano a fermi improvvisi, a momenti di staticità e a coreografie collettive. 

Le/gli artist* sono interconness* non solo in video, ma nelle loro diverse forme di espressività artistica, musica e danza. Il campo di sperimentazione è aperto e condiviso, le due arti, in pieno contagio si contagiano, l’interdisciplinarietà e la collaborazione che stanno dietro al progetto costituiscono un modello replicabile per altre creazioni e collaborazioni, e ciò che era nato virtuale e separato è ora reale e unisono.

Immagine nel testo da parcfirenze.net