Il Movimento del 1977

Negli anni di piombo i movimenti giovanili nati nel Sessantotto ricevono una nuova vita e una nuova organizzazione. È un periodo in cui la Sinistra parlamentare sembra sempre più distante dalle sue origini: il Partito Comunista d’Italia nasce nel 1921 da una scissione dal Partito Socialista, che veniva accusato di far sua la retorica della rivoluzione bolscevica, senza però essere realmente disposto ad agire concretamente in quella direzione. Con la rinascita del Partito Comunista, dopo la caduta del fascismo, l’atteggiamento riformista si fa sempre più strada, in particolare nella direzione di Enrico Berlinguer e con la promessa di un compromesso storico con la Democrazia Cristiana, partito da sempre opposto al PCI. Lo sconforto porta alla nascita di organizzazioni extraparlamentari, tra cui il Movimento del 1977.

L’evento che più segnò quell’esperienza politica accadde l’11 marzo 1977 a Bologna, durante una manifestazione studentesca, quando la polizia aprì il fuoco sulla folla, uccidendo lo studente Francesco Lorusso. La morte del militante di Lotta Continua scosse profondamente l’opinione pubblica e gli intellettuali italiani ed europei. Le vie bolognesi vennero travolte da un corteo rabbioso che colpì alcuni negozi del centro e che portò avanti per due giorni una vera e propria guerriglia contro le forze dell’ordine. La polizia fece anche irruzione a Radio Alice in via del Pratello, distruggendo gli impianti e arrestando lə operatorə, accusatə di aver dato istruzioni durante lo scontro cittadino. 

In ambito intellettuale, la condanna di queste violenze sfociò in un Manifesto contro la repressione, firmato da ventotto pensatori francesi, tra cui Michel Foucault, Gilles Deleuze, Felix Guattari e Simone de Beauvoir. Scrissero: «In queste condizioni che vuol dire oggi, in Italia “compromesso storico”? Il “socialismo dal volto umano” ha, negli ultimi mesi, svelato il suo vero aspetto: da un lato sviluppo di un sistema di controllo repressivo su una classe operaia e un proletariato giovanile che rifiutano di pagare il prezzo della crisi, dall’altro, progetto di spartizione dello Stato con la DC (banche ed esercito alla DC; polizia, controllo sociale e territoriale al PCI) per mezzo di un reale partito “unico”». Il Movimento scelse Bologna per il Convegno nazionale contro la repressione, tenutosi dal 23 al 25 settembre 1977. Durante questi tre giorni la folla, circa settantamila persone, si riversò nelle piazze in modo pacifico, dando vita a spontanee iniziative teatrali e musicali. 

L’ultimo giorno in Piazza VIII agosto furono Dario Fo e Franca Rame a salire sul palco per chiudere l’evento. Sarà proprio in quell’occasione che Mario Mieli si farà strada tra la folla per denunciare l’azione della polizia che aveva sgomberato Piazza Maggiore daə manifestanti per permettere al vescovo di officiare la messa. Invitando alla ripresa della piazza principale, Mieli venne fischiato e cacciato via dal palco. Inoltre, proprio il 25 settembre a conclusione del Congresso, furono pronunciate le prime parole di appoggio e sostegno all’azione delle Brigate Rosse. Quando circa sei mesi dopo le BR rapirono Aldo Moro, l’appoggio, che non era mai stato unanime, si tramutò per buona parte dei gruppi politici che avevano costituito il Movimento in netto distacco dall’ideale di lotta armata che il gruppo terroristico rappresentava. Il quotidiano Lotta Continua scriveva: «né con lo Stato né con le BR». Il Movimento del 1977 si esaurì, di fatto, con la fine degli anni Settanta.

Moltə militanti si chiusero nelle loro vite private, altrə si allinearono con le politiche riformiste del PSI e del PCI, altrə ancora si unirono alla lotta armata. Una grande stagione politica si stava concludendo, ma la parcellizzazione deə suoə esponenti portò a una capillare diffusione dei valori e delle idee che quel periodo aveva risvegliato.