Queerness e tradizioni culturali del pistolero più famoso del Giappone

Nel 1967 Katō Kazuhiko pubblica sul magazine Weekly Manga Action, un manga che segue le avventure di uno scaltro ladro gentiluomo e della sua banda. Il nome d’arte di Kazuhiko è Monkey Punch e il manga in questione non è nient’altro che l’iconico Lupin III. Dalle tavole di Kazuhiko sono stati tratti film anime e numerose serie, e le avventure di Lupin hanno appassionato talmente tantә lettorә che il manga è ancora in pubblicazione per mano di altri mangaka. Dal noir alla commedia, con le sue atmosfere jazz, Lupin è un cult che ha saputo reinventarsi nel tempo, influenzando varie opere future (tra cui l’immancabile Cowboy Bebop): insomma non ci siamo ancora stancatә di vedere quale sarà il prossimo colpo di Fujiko, Goemon, Lupin e il suo inseparabile amico Jigen. Forse un po’ troppo amico…

Lo so, per moltә fan può essere una forzatura immaginare una storia d’amore tra Lupin e Jigen, d’altronde quest’ultimo è «un uomo virile sulla scia di un sacco di eroi d’azione degli anni ‘70» (da un blog di reddit, fonte inesauribile di queste elucubrazioni). È vero: da nessuna parte è scritto che Jigen sia gay o bisessuale e innamorato di Lupin, però è anche vero che da nessuna parte è scritto che non lo sia. Se non vi offende la possibilità che uno dei vostri pistoleri preferiti usi la pistola anche per scopi meno virili, vi spiego quali sono le ragioni che portano moltә fan a immaginare un Jigen queer. 

Bisogna tener conto, in primo luogo, che gli indizi presi in esame vengono soprattutto dalla serie anime e dai suoi film, e quindi non direttamente dalla matita di Monkey Punch. La prima serie, andata in onda in Giappone nel 1971, mette in chiaro sin dall’inizio la natura dei rapporti dei personaggi: di tutte le varie persone con cui Lupin ha a che fare, solo due sono abituali, Zenigata e Jigen. Mentre il primo si ritrova legato quasi da forze incontrollabili all’inseguimento di Lupin (anche qui le ipotesi omosessuali non mancano), il secondo ricopre un ruolo di costante spalla. Invece altri personaggi come Goemon e Fujiko, per quanto ricorrenti, non sembrano viaggiare sempre con Lupin. 

Inutile negare la grande passione del ladro gentiluomo per le donne, in particolare per Fujiko, la quale più volte si presenta come fonte di gelosia per Jigen, che si ritrova separato dal suo fedele compagno. Un esempio di questa dinamica si vede già nell’episodio 4 della prima serie, quando un nervoso Jigen aspetta il ritorno di Lupin (che era con lei) lanciando freccette su un bersaglio a forma di cuore. 

Coincidenze? Io non credo. Anche nel primo dei tanti film anime, La pietra della saggezza (1978), viene riproposta una dinamica simile, con un Jigen geloso e abbandonato perché Lupin ha preferito Fujiko.  

Queste dinamiche, ripetute più volte nel corso delle serie e degli anni, sono quelle che fanno più pensare a un Jigen innamorato di Lupin, ma il momento che molti fan hanno inteso come un vero e proprio coming out accade nell’episodio 56 della seconda serie: all’interno di uno sketch i vari membri della gang si presentano in panni di attori kabuki, e quando tocca a lui, Jigen si definisce come 女嫌い (onnagirai), un odiatore delle donne, un misogino. Potrebbe essere azzardato, se non problematico, collegare la misoginia all’omosessualità, eppure in un contesto come quello giapponese non è del tutto improbabile. La scena in questione fa riferimento alla cultura giapponese pre-occidentalizzazione: bisogna considerare che un tempo onnagirai era un termine utilizzato come sinonimo di maschi che preferivano rapporti amorosi e sessuali con altri maschi, nel kabuki – in cui i ruoli femminili erano recitati da uomini – così come nella vita reale. 

Mark McLelland, caposaldo se volete approfondire i queer studies sul Giappone, nel suo saggio Queer Japan ricorda come prima dell’occidentalizzazione iniziata con l’epoca Meiji, l’omosessualità maschile fosse completamente accettata, anzi, in una società fortemente misogina l’amore tra monaci o samurai era considerato molto più nobile e alto di quello eterosessuale. Questa misoginia si riversa tutt’ora nei tropes della comunità gay giapponese, basti appunto pensare che dagli anni ‘70 in poi (quindi gli anni in cui vanno in onda le serie di Lupin) gli uomini gay giapponesi avevano iniziato a presentarsi in vesti fortemente maschili e machiste, forse per contrastare la narrazione che i media davano del gei bōi, un’identità per noi molto simile alla donna trans che nel corso degli anni ‘60 era stata soggetta a una spettacolarizzazione inaudita. 

Grande affetto per il proprio partner, misoginia, aspetto mascolino: fuori contesto sono elementi problematici, ma tutti giocano a vantaggio della tesi che vuole un Jigen bisessuale o gay. Contando che più volte all’interno delle varie serie Jigen si definisce un onnagirai e che le sue avventure con donne si riducono a episodiche apparizioni nelle prime due serie, forse non è così strano immaginarlo come un personaggio queercoded ante litteram, e probabilmente era proprio questa l’intenzione dellә sceneggiatorә all’epoca. Peccato che nel recente La donna chiamata Fujiko Mine (2012), spin-off dedicato a Fujiko che riprende le avventure di Lupin dopo 27 anni dall’ultima serie, si sia voluto togliere ogni dubbio sulla sessualità di Jigen: non solo quando viene chiamato «l’amante di Lupin» nega di esserlo, ma viene raccontato di un suo lontano amore per una boss mafiosa, Cicciolina, che sarebbe la prima causa della sua sfortuna e del suo odio per le donne. Per quanto le circostanze a volte facciano pensare il contrario, la queerness di Jigen è stata colta da moltə amanti delle avventure di Lupin e, anche se non fosse stata nelle intenzioni né di Monkey Punch né dellә sceneggiatorә, poco importa: la ricezione di un’opera e le interpretazioni che se ne fanno sono tanto valide quanto il suo contenuto. E poi diciamocelo: Lupin e Jigen sono dolcissimi insieme.

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