GLI EFFETTI DEL CORONAVIRUS SULLE RELAZIONI NON CONVENZIONALI

«A. ha la libertà di girare in città per raggiungere il luogo in cui lavora. Lungo la strada, passa davanti alla casa di P., il quale, senza un buon motivo, non può uscire. 

Benché il lavoro di A. non preveda situazioni a rischio, i coinquilini di P. non si fidano e non lasciano entrare in casa nessuno, nemmeno gli amici o gli amanti. Quindi nemmeno A.»

«M. e V. si sono unit* civilmente quasi tre anni fa. Vivono una coppia aperta e poliamorosa, di cui fanno parte anche F. e P., che però vivono per conto loro. M e V. vorrebbero trascorrere queste interminabili giornate di quarantena insieme alle altre due persone con cui hanno intenzione di passare almeno qualche altro anno della vita che hanno davanti, ma non possono, perché F. e P. vivono lontani e raggiungere quella casa, grande abbastanza per tutt*, è impossibile.»

«F. lavora in ospedale e da quando è scoppiata la pandemia non si è fermat* un momento. Vive da sol*, in una casa che in realtà potrebbe anche ospitare la sua fidanzata, ma che rimarrà vuota, perché – soprattutto nel caso di F. – è consigliabile evitare qualsiasi rapporto umano non necessario, anche quello amoroso con la persona che presto sposerà. Nonostante F. non sia ammalat*, rimarrà distante da tutt*. Vivrà in una bolla fatta di casa, ospedale e Covid-19; ogni giorno mi racconta quanto stia diventando difficile negarsi tutti i suoi affetti in un momento così stressante». 

«E. è l’amante di A., il quale è sposato con M. Da quaranta giorni i due si sentono e si vedono solo quando A. scende a comprare le sigarette. Certo, si scrivono continuamente, ma negli occhi si guardano esclusivamente quando M. non c’è. Vista la quarantena, ovviamente M. c’è sempre, ed E. si sta lentamente accorgendo di quanto possa essere frustrante essere l’amante di un uomo sposato. Si è reso conto di quanta differenza faccia una firma su un foglio». 

Per quanto, secondo il giudizio comune, tutte queste relazioni siano non convenzionali, disordinate, strampalate e al limite dell’etica, è da considerare che il vero limite sta nella necessità di dover sempre e per forza incasellare le emozioni umane in uno schema approvato dai più. 

Nessuno è mai riuscito a teorizzare scientificamente i sentimenti amorosi, perciò con che coraggio abbiamo deciso che siano unità finite e circoscrivibili al concetto di coppia tradizionale? Non scordiamoci, poi, che i propugnatori del concetto, cosiddetto etico, di coppia, spesso sono i primi a violarne la sacralità, sovente lasciandosi alle spalle cuori feriti che hanno ingenuamente pensato di potersi fidare. Se è vero che tutto ciò che conosciamo è da immaginare nuovamente, forse è il momento di smetterla di nascondere la polvere sotto il tappeto. 

Diciamoci le cose come stanno e troviamo una soluzione anche per ciò che non consideriamo facile. 

In questi ultimi due mesi la vita di tutt* è stata messa a dura prova dal virus, dal distanziamento sociale prima e dalla quarantena poi. Temiamo ansiosamente che qualcun* non rispetti la distanza di sicurezza quando facciamo la spesa; abbiamo paura ad avvicinare le nostre labbra alle stesse guance che in precedenza, ogni giorno, accarezzavamo; prima di uscire di casa, pensiamo a cosa dire ai poliziotti nel caso ci fermino; siamo terrorizzat* da quello che potrebbe succedere alla nostra vita quando la quarantena finirà.

Nel cuore degli esempi riportati, però, c’è anche un’altra domanda. 

Che aspetto avrà quella relazione, interrotta dalla pandemia, quando tutto questo sarà finito? 

Certo, il boom di divorzi post lock down a Wuhan ha attirato l’attenzione di molti e non è troppo difficile da credere che la quarantena abbia probabilmente enfatizzato fragilità relazionali che ignoravamo deliberatamente, complice la routine giornaliera che in parte, magari, serviva proprio per distrarci.

Ma la questione, in questo caso, è un’altra. Quelle relazioni che secondo la morale corrente, di stampo ancora etero cis patriarcale, non hanno motivo di vivere, oltre al distanziamento affrontano una tavolozza di complicazioni ben diversa. La mancanza, il senso di solitudine, l’impotenza e i non detti non sono cose che si risolvono con una videochiamata e siamo tutt* ben consapevoli che l’esasperazione – che in questi giorni ci governa come fossimo burattini – certo non genera pensieri positivi. 

Questi amori dovranno rimandare ogni discorso al momento in cui ci si potrà rivedere, ancora indefinito nel  tempo. Dovranno aspettare fino a quando torneremo tutt* a frequentarci per poter toccare con mano quel corpo di cui abbiamo imparato a fare a meno. Sperando che tutto sia rimasto uguale. Sapendo che un abbraccio ci costerà molto di più. E considerando che la lontananza non segue uno schema preciso: può spegnere fuocherelli, ma anche appiccare incendi. Cosa succederà a due amanti distanti se per uno la fiamma si è spenta, mentre per l’altro il fuoco è incontenibile? 

A chi daremo la colpa della fine? Ai/alle coinquilin* che non ci hanno fatto salire in casa? Al fatto che i diritti di un’unione siano esclusivamente legati a un contratto legale che identifica la coppia convivente come unica relazione a cui si riconoscono bisogni e diritti? Al Covid-19? 

O al poco coraggio che abbiamo sempre avuto nel dichiarare il nostro amore?