Lo skyline con le immancabili torri, tratteggiato dalle bande sonore di cinque colori che formano la parola “orgoglio” (Purple, Red, Indigo, Deep blue, Evergreen): è il logo della 15° edizione di Various Voices, il festival europeo dei cori LGBTQ+, che farà cantare tutta Bologna dal 14 al 18 giugno. A portare l’evento per la prima volta in Italia è il coro LGBTQ+ bolognese Komos. «Al momento sono 107 i cori registrati» commenta Nicola Mainardi, direttore del Festival, «non solo provenienti da quasi ogni angolo dell’Europa, saranno presenti anche tre cori dagli Stati Uniti, uno dalla Nuova Zelanda e uno dal Sud Africa».
Palcoscenico delle numerosissime esibizioni sarà tutta Bologna: il grande village con eventi e party allestito presso il DumBO, i quattro teatri principali (Arena del Sole, Auditorium Manzoni, Oratorio San Filippo Neri e Teatro Duse) e anche piazze, musei e spazi di aggregazione, tra cui il Cassero LGBTI+ Center. «L’obiettivo è far incontrare la cittadinanza con le pluralità LGBTQ+ che rappresentiamo e per farlo contamineremo con la nostra musica anche gli angoli più suggestivi del centro città, come Palazzo d’Accursio, Piazza dei Celestini e Via IV Novembre». Tra i momenti clou, il Gran galà in Piazza Maggiore la sera del venerdì 16 giugno, organizzato in collaborazione con la Cineteca di Bologna: i cori interpreteranno le colonne sonore di film celebri, proiettati sotto le stelle sullo schermo del Cinema Ritrovato. La serata sarà presentata da Mario Acampa, conduttore Rai, e dalla madrina d’eccezione del festival, Senhit, accompagnando la quale il Komos ha portato le sue tematiche a Una voce per San Marino.
Il Various Voices Italy Tour non sarà però un evento solo bolognese, ma farà da apertura con anteprime a Torino, Milano, Bergamo, Padova, Firenze, Perugia e Roma, sotto il coordinamento di Cromatica, l’associazione italiana dei cori arcobaleno, in collaborazione con Arcigay. «Per noi è un momento di visibilità per tutta la comunità LGBTQ+ italiana e vorremmo generare un terremoto anche ai piani alti, data la situazione politica che stiamo attraversando», sottolinea il direttore artistico. Ma il festival è anche un’occasione di scambio e di confronto tra realtà culturali e sociali diverse, per sentirsi parte di una comunità più grande, non solo nazionale ma anche internazionale. «È anche un’occasione di solidarietà con i Paesi in cui in Europa si sta ancora lottando per i diritti civili più basilari, incentivando la nascita e lo sviluppo di realtà associative», aggiunge Nicola Mainardi. «Ad esempio, non ci sono cori LGBTQ+ che vengono dalla Bulgaria, dalla Romania o dalla Grecia. Parteciperanno invece al festival tre cori dall’Ucraina, dove la vita delle persone queer era ben difficile anche prima della guerra; per dare loro la possibilità di far ascoltare la propria voce, è stato organizzato un crowdfunding per sostenere le spese necessarie, che si inserisce nel quadro più ampio del support program».
Ospitare il festival segna una tappa importante di un percorso in divenire per il coro Komos, che nasce nel 2012 come primo coro omosessuale di voci maschili in Italia, e che nel suo crescere ed evolvere ha abbracciato sempre più identità, aprendosi alle altre sfaccettature della comunità. «Nel 2014 ci chiamavano “il coro dei becchini” perché vestivamo completamente di nero. Nel tempo abbiamo imparato a esprimere le nostre identità non solo con la musica, ma anche con il corpo, quindi ciascunə di noi porta sul palco un abito o un accessorio stravagante che parla di sé. Nel 2018 a Monaco, in una delle due edizioni a cui il Komos ha partecipato, abbiamo avuto la conferma non solo di essere cresciutə musicalmente, ma anche di aver lasciato il segno con il nostro stile camp». Ma come sono state scelte l’Italia e Bologna? Risponde Mainardi: «Sicuramente ha aiutato il fascino italiano, ma la candidatura è stata presentata cinque anni fa, quando la legge sulle unioni civili da noi era stata approvata da due anni e c’era ancora un grande fermento sui diritti civili. Il festival era sempre circolato tra la Germania, l’Olanda e l’Inghilterra, ma i cori cui spetta il diritto di voto hanno riconosciuto il nostro impegno e il nostro coraggio nel portare un evento che dà tanta visibilità alla comunità LGBTQ+ qui dove ce n’era e ce n’è bisogno».
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