Intervista alle responsabili Aura Cadeddu e Giorgia Pagano

Bologna, fine luglio. Mentre la città si preparava all’abbandono estivo di parte della sua popolazione, il Cassero Lgbti+ center ha presentato e inaugurato Spazio Lgbti+ Cassero, il nuovo sportello di «ascolto, supporto, orientamento» che nasce grazie alla vittoria del bando promosso da Unar, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, nel 2021, in collaborazione con la cooperativa Piazza Grande. Un’opportunità, quella del bando, colta al volo: un finanziamento importante per la creazione di sportelli di accoglienza e di case-rifugio pensati per le persone Lgbtq+ su tutto il territorio italiano. Ne sono nati una quarantina, sia in città sia in provincia, e nei prossimi mesi ne conosceremo alcuni da vicino.

Nel caso del Cassero, il bando è stato la possibilità di raccogliere i servizi che il circolo ha sempre offerto in un’organizzazione e un coordinamento specifici, per rispondere in modo più efficace ai bisogni della nostra comunità, intercettati ed emersi maggiormente anche a causa della pandemia di Covid, la quale ha esasperato situazioni familiari difficili, problemi sul lavoro e discriminazioni.

La relazione con Piazza Grande – in atto da anni, si pensi solo all’iniziativa Generi di conforto – ha permesso al Cassero di appoggiarsi alle competenze della cooperativa per la costruzione di un servizio più strutturato. 

Per raccontarne la genesi, le prime settimane di vita e gli obiettivi, abbiamo intervistato chi lo coordina e fa la collettore per i settori coinvolti (Sportello Psicologico, Telefono Amico Cassero, Sportello Giuridico, Gruppo Salute e Scuola e formazione Cassero): Aura Cadeddu, assistente sociale professionale iscritta all’albo regionale, attivista di lungo corso di alcuni centri sociali bolognesi, Atlantide e XM24 su tutti, ha cominciato il suo percorso lavorativo al Mit prima come operatrice e poi nel coordinamento dell’Unità di strada dell’Emilia-Romagna; Giorgia Pagano, attivista femminista e transfemminista, laureata in Economia Sociale, già progettista per il Cassero, è ora project manager dello Spazio.

Come si costruisce un servizio che non esiste?

Aura: L’idea parte prima del bando Unar e ancor prima del periodo pandemico. Avevo parlato in modo informale con l’allora Presidente del Cassero, Giuseppe Seminario, dell’opportunità di aprire uno sportello di segretariato sociale Lgbtq+, essendomi trovata spesso negli anni nella posizione di raccogliere richieste, a volte sul lavoro, altre a livello amicale, di aiuto su alcuni specifici bisogni che non trovavano soddisfazione nei servizi esistenti. Ho sempre avuto il desiderio di creare qualcosa che non c’era e trasformarlo in servizio essenziale per la nostra comunità. È sicuramente una sfida, non ci sono basi, si parte da zero. Poi è arrivato il bando, l’occasione giusta, e il Cassero ha aperto una call per coprire la posizione di coordinamento.

Giorgia: Siamo state fortunate, siamo a Bologna e il primo passo è stato confrontarci con chi ha già esperienza da molto tempo, come la Casa delle donne. Il loro è un servizio politico, e lo rivendicano, di contrasto alla violenza patriarcale, perciò i presupposti sono gli stessi. C’è stata una fase di formazione e, partendo dalle convergenze, bisognava poi capire le differenze, i bisogni specifici delle persone Lgbtq+. Per me personalmente è molto importante il percorso di questo progetto sperimentale, mi ha dato la possibilità di tenere insieme attivismo e lavoro, praticare un metodo per costruire un’attività e un servizio davvero orizzontali.

A: Avere dei partner come la Casa delle donne e Piazza Grande, non solo istituzionali ma soprattutto politici, è importantissimo: ci ha aperto a una continua formazione, anche per una persona già piuttosto navigata come me, perché il sociale non è statico, non si arriva mai al punto di sapere tutto, pur con una grossa esperienza alle spalle. Sto imparando cose nuove ogni giorno.

Qual è il vostro modo di lavorare allo sportello?

A: Abbiamo deciso di utilizzare il peer to peer, il metodo di lavoro tra pari, anche confrontandoci con i partner esterni e interni: chi entra al Cassero, oltre a sapere di che luogo si tratta, trova ad accoglierlə professionistə, che siano avvocatə, psicologhə o counselor del Telefono Amico, che fanno parte della comunità Lgbtq+. Persone che possono capire meglio il tuo bisogno, che empatizzano perché sanno di cosa stai parlando. Questo ci apre un campo di azione più ampio rispetto a un servizio sociale pubblico standard.

G: Quando ti confronti con i servizi pubblici spesso non hai solo il problema di non rivolgerti a un pari, ma puoi anche trovarti in ambienti in cui manca la condivisione degli stessi valori e a volte con addettə non formatə ad accogliere il bisogno specifico. Questo alimenta la tendenza a non rivolgersi ai servizi pubblici, c’è la paura di trovarsi in un contesto discriminatorio. Facciamo l’esempio di un caso come quello della violenza domestica all’interno di coppie gay o lesbiche: è difficile che la situazione venga compresa. 

A: È comune ritrovarsi a fare formazione a chi dovrebbe aiutarti. Se devo accompagnare un utente, io non vado nella questura, diciamo, Lgbtq+ friendly, vado in quella più difficile, perché penso alla prossima persona che ci andrà sola: forse si interfaccerà con qualcuno che dopo aver parlato con me ci penserà due volte prima di discriminare. È facile lavorare nella propria bolla, io sono per lavorare nello scomodo, dobbiamo radicalizzarci.

Il servizio si rivolge a tutte le persone della nostra comunità, senza identificare un target più ristretto dell’utenza.

G: C’è una specifica importante sulle persone migranti, è una questione che sta affiorando sempre di più. In generale ci rivolgiamo alla comunità Lgbtq+, ma in senso ampio, anche alla  comunità educante e alle famiglie. Non respingiamo nessuno, forniamo strumenti di contrasto alla discriminazione, la quale può anche non riguardare la persona che entra dalla porta.

Lo sportello è aperto dal 22 luglio. Come sono arrivate le persone e con quale affluenza? In queste poche settimane avete intercettato assi peculiari su cui lavorare?

G: Ci aspettavamo un afflusso minore, partendo in un momento in cui la città si stava svuotando. I numeri sono stati invece subito molto alti. È stata una sorpresa, con una media di due accessi al giorno, che sono tantissimi e che comprendono anche la presa in carico successiva, e quindi più incontri. Pensavamo ingenuamente di avere il tempo di assestare il servizio, ma non è stato così. Il bisogno preesistente di uno sportello come questo è stato subito chiarissimo.

A: Non eravamo ancora partite con una comunicazione mirata, a parte la conferenza stampa del 21 luglio, ma dal primo giorno in cui abbiamo aperto la porta sono arrivatə tuttə, e di tutto. Se ne dici una, c’è. Il Cassero è diventato un punto di raccolta di tante necessità prima sommerse.

G: Ne sono arrivate attraverso i servizi del territorio, ma tanto ha fatto il passaparola all’interno della comunità. Migranti, casi di violenza domestica, casi di stalking, molestie, sfruttamento e discriminazione sul lavoro, casi di persone senza dimora… 

Non specificare troppo il target caratterizza il nostro servizio. L’accesso è trasversale perché naturalmente essere persone Lgbtq+ significa tutto: ricche o povere, con o senza casa, bianche, nere, persone trans, donne o uomini cis, più istruite o meno istruite.

Il partenariato esterno e lo sportello sono costituiti per fare in modo che ci si possa rivolgere a Piazza Grande per le loro competenze; a un centro per il lavoro, che si chiama Enfap e per noi fanno orientamento, a cui mandiamo le persone che sono in cerca di occupazione; abbiamo internamente il Settore Giuridico per le questioni legali. E abbiamo Aura, che come assistente sociale è in grado di fare una profilazione accurata. La nostra risposta è articolata.

Una persona si rivolge a voi con un bisogno che necessita della presa in carico, come funziona lo sportello?

A: La prima accoglienza può essere a entrata diretta negli orari di apertura, sia su appuntamento, sia via mail, whatsapp, telefono con segreteria attiva 24 ore su 24. Io dirigo il traffico dei servizi: in base a ciò che la persona necessita, attivo i servizi competenti. In queste settimane abbiamo lavorato molto sulla connessione dei settori del Cassero, abituati in precedenza a lavorare un po’ a compartimenti stagni. Abbiamo rotto gli argini e trovato un metodo, che andrà ancora migliorato e indirizzato, per una comunicazione circolare. Quello che vedo ora è una grande collaborazione, apertura, elasticità. Non sono sola, faccio parte di un meccanismo che si sta rodando e che ha ampi margini di miglioramento, ma ci stiamo mettendo in gioco. Non è cambiata solo la comunicazione logistica, tra noi c’è un confronto continuo su come agire insieme. È la formula vincente, un’azione sempre condivisa perché si dia il servizio migliore possibile a chi arriva qui.

G: Rispetto al coinvolgimento di tutto il Cassero, oltre ai settori direttamente interrogati si è anche manifestata la possibilità di indirizzare le persone a gruppi o settori diversi. Penso a chi viene qui perché si sente isolatə: lo sportello psicologico può rivolgersi ai gruppi di socializzazione.

Anche per noi è accaduta la stessa cosa. Siamo una ventina di persone a lavorare per lo sportello e questo ci ha portate a chiedere aiuto a Scuola, che ha vent’anni di esperienza con i gruppi. Fare team building seguendo il metodo dell’educazione non formale è stato prezioso, era importante conoscerci meglio tra di noi.

Chi è arrivatə finora, quale consapevolezza aveva del bisogno che portava? Nella vostra opinione, è chiara la portata della discriminazione? Si conoscono i propri diritti?

A: Credo che nella maggior parte dei casi le persone non avessero capito la discriminazione subita. Attraverso il colloquio emerge perché si fa un lavoro per farla emergere. Ma non sono io a suggerirlo e non sono io a decidere cosa fare, come nel caso di una denuncia. La persona stessa deve capire quando è pronta per agire, il percorso va costruito insieme.

G: Alla conferenza stampa ci è stata fatta una domanda che presupponeva non aver capito affatto a cosa serve Spazio Cassero, come se non ci fosse la comprensione di ciò che significa discriminazione e violenza. Che su tutto il territorio nazionale siano nati 40 centri antidiscriminazione e case rifugio sarà l’opportunità, anche grazie alla comunicazione che faremo, di riportare finalmente dati certi e fare un bilancio alla fine del percorso. La volontà del progetto è anche in questo senso molto politica: ribadire l’essenzialità del servizio, e questo si potrà fare solo con dati realistici in mano, che ora non esistono.

A: C’è una grandissima sottovalutazione. Pensa al caso in cui una persona Lgbtq+ subisce una molestia con furto per strada, verrà riportata solo come furto. O una coppia di due uomini che si picchiano in pubblico: arriva la volante, vede che sono due uomini e se ne va. Sono cose pratiche che ci fanno capire i muri da abbattere all’interno delle istituzioni. Abbiamo bisogno di professionistə formatə a questo tipo di violenze e discriminazioni, non solo dentro le questure ma anche nei servizi sociali stessi. L’insieme delle istituzioni è carente, manca la cultura. 

Quale futuro per Spazio Cassero?

G: Il finanziamento dovrebbe essere rinnovato per altri due anni, ma la situazione è un po’ buia. Il cambio di governo potrebbe metterli a rischio e questo è un problema enorme. Aprendo il servizio abbiamo dimostrato quanto sia necessario, perché i servizi standard non riescono a dare risposte adeguate. Sarebbe gravissimo interrompere il lavoro tra un anno.

A: Navighiamo a vista. Sappiamo che potremmo chiudere e siamo responsabili di tutte queste persone che arrivano. Dove possono essere accolte? Sono state talmente tante, le abbiamo prese in carico mentre mettevamo a punto il servizio e abbiamo tenuto insieme tutto. Non sapere niente di certo sul futuro è difficile, ma facciamo finta di niente. Il trucco è non pensarci. 

Accesso libero a Spazio Cassero, via Don Minzoni 18

Lunedì e giovedì ore 15/18

Mar, mercoledì e venerdì ore 9.30/13.30

Contatti:

Email: spaziocassero@cassero.it 

Telefono e Whatsapp: 388 0925933