UNA RIFLESSIONE PER LA GIORNATA MONDIALE SULLA LIBERTÀ DI STAMPA
A partire dal 1993, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha identificato il 3 maggio come ricorrenza della Giornata mondiale della libertà di stampa. Lo scopo dichiarato è quello di ricordare ai governi di far rispettare il diritto di libertà di parola, sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani fin dal 1948.
Ex direttore di Taraf e scrittore per altre testate, Altan viene arrestato e accusato, sotto il profilo di una sorta di associazione esterna apparentemente indimostrabile, di avere favorito il Golpe. I capi d’accusa sono ridicoli e fragili, tanto da essere stati smontati dallo stesso Altan in un pamphlet tradotto in più lingue dal titolo Ritratto dell’atto d’accusa come pornografia giudiziaria. L’esito processuale è comunque quello di una condanna a oltre 10 anni di carcere (a fronte di un pubblico ministero che richiedeva l’ergastolo). Le principali prove, appunto, si formalizzavano in delitti d’opinione espressi in articoli di anni prima. Con Altan, i giornalisti incarcerati in Turchia sono svariate centinaia. Negli ultimi cinque anni è stata proprio L’Ue a venire spesso criticata dalla stampa per le poche pressioni esercitate su Ankara in merito a queste ondate di repressione, arrivando a rappresentare una situazione di stallo legata agli accordi sui migranti presi con il governo turco. Di fatto le varie segnalazioni sui diritti umani violati in Turchia hanno dato l’impressione di rimanere inascoltate. Che forza ha e può dimostrare quell’istituzione, rispetto alla libertà di stampa, se tace o mitiga le proprie posizioni su casi tanto gravi?
Mercoledì 14 aprile, tuttavia, forse si è aperto lo spiraglio per un dialogo diverso tra Ue e Turchia: la 16a Corte di Cassazione, dando seguito a una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha ribaltato la condanna di Ahmet Altan e della sua collega giornalista Nazlı Ilıcak, ordinandone la scarcerazione. Oggi ancor di più, Altan è destinato a diventare simbolo di una fiera opposizione al regime, una resistenza rispetto alla libertà di parola. Come simboli vanno considerati quei giornalisti assassinati ogni anno perché dissidenti (42 uccisi solo nel 2020) e come alta va tenuta l’attenzione rispetto a quei politici che incensano l’avanzato livello sociale di nazioni il cui governo è accusato direttamente dell’assassinio di un giornalista. Ma questa è un’altra storia.
Immagine nel testo da: www.bbc.com
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