Attualmente, in Italia, viviamo in un contesto sociale in cui si dà per scontato che chiunque sia eterosessuale. I genitori stessi, tramite una serie di pratiche di socializzazione, partono dal presupposto che il loro figlio o la loro figlia, crescendo, si innamorerà di una persona con l’identità di genere opposta alla sua. 

Tuttavia, in Italia, nel contesto odierno e senza cancellare le difficoltà, le discriminazioni, le violenze strutturali e istituzionali, vi sono altri orientamenti sessuali che sono riconosciuti a livello sociale: per esempio, omosessualità e bisessualità sebbene quest’ultima sia più invisibilizzata. Ovviamente, gli orientamenti sessuali e quelli affettivi non si esauriscono in queste due possibilità, ma in questo caso, a livello mainstream, gli altri orientamenti sessuali (per esempio, tutte le sfumature ace-sessuali), molto spesso, non sono né riconosciuti né conosciuti

Vi è un’etichetta, un’identità, una cornice entro cui definirsi. Vi è discussione pubblica in merito ai diritti, alla cultura gay, vi sono locali ad hoc, è riconosciuta l’unione civile. Esiste un sistema – da migliorare senza ombra di dubbio – che comunque garantisce un certo livello di visibilità e rappresentazione. Espressione di questo progresso è anche la rappresentazione degli orientamenti sessuali non etero, sebbene nemmeno così implicitamente tale rappresentazione sia mescolata con il marketing a sfondo capitalistico.

Vi sono paesi, però, in cui la categoria di orientamento sessuale non è così chiara. Oppure, non è riconosciuta. In Pakistan, per esempio, non è nemmeno contemplato che un uomo possa innamorarsi di un altro uomo, o che una donna possa voler sposarsi con un’altra donna. Non vi è riconoscimento sociale dell’omosessualità o della bisessualità come orientamento sessuale. 

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Tuttavia, gli atti sessuali – fra persone appartenenti alla medesima identità di genere – soprattutto fra gli adolescenti maschi sono regolari. In Pakistan, soprattutto fra persone con un livello di istruzione basso, che vivono in zone rurali, poco affette dalla globalizzazione e povere, vige ancora il mito della verginità fino al matrimonio. Essendo un sistema ancora fortemente patriarcale, tale condizione colpisce soprattutto, se non esclusivamente, le donne. Pertanto, queste ultime tendono a non aver nessun tipo di rapporto sessuale con gli uomini – e tanto meno fra di loro, perché la sessualità femminile, come anche in Italia, è quasi come se non esistesse. I maschi, soprattutto adolescenti, invece, hanno rapporti sessuali fra di loro, per colmare l’assenza femminile. Non sono necessariamente persone che si identificano come omosessuali – o bisessuali – perché il loro rientra nei canoni del comportamento sessuale e non dell’orientamento, poiché non si tratta dell’attrazione fisica/affettiva verso persone dello stesso genere.

Una volta che si sono sposati con donne, gli uomini tendono a non aver più alcun tipo di rapporto omosessuale. Anzi, la tendenza è quella di ripudiare tali comportamenti. Eppure, le persone omosessuali esistono, crescono con la consapevolezza del fatto che saranno costrette a sposarsi con persone che si identificano nell’identità di genere opposta alla loro, poiché le loro emozioni verso persone dello stesso genere non hanno una possibilità di esistenza o una cornice entro cui identificarsi, riconoscersi. Devono nascondere il loro amore sotto il macigno dell’inesistenza. Non hanno il permesso di sognare un amore diverso da quanto concesso. 

Nascere in Italia, in questo caso, significa anche avere un privilegio di cui, molto spesso, non si parla: quello di potersi inquadrare in un orientamento sessuale diverso da quello etero. Perché questa possibilità, i pakistani, non ce l’hanno, per il momento. È concesso, solo agli uomini, di sfogarsi a livello sessuale, attraverso comportamenti che comunque sono penalmente perseguibili, poiché qualsiasi atto sessuale fuori o prima del matrimonio è vietato dalla legge. Oltre a questo, – affetto, matrimonio, prole, casa insieme, progetti, sogni e desideri – nulla.  

Fortunatamente, nelle nuove generazioni – grazie anche all’espansione quasi globale dei social – le rappresentazioni stanno mutando verso un contesto più inclusivo, in cui stanno nascendo spazi e associazioni che svolgono esperienze di attivismo educativo verso la popolazione. 

Inoltre, è leggermente diverso il quadro per quanto concerne le persone migranti. Sembrerebbe che a essere la discriminante sia l’età in cui si emigra: chi arriva in Italia prima dell’età adulta, come me, sviluppa, crescendo qui, la consapevolezza del proprio orientamento sessuale, inteso come atto identitario e politico, riflettendo anche sull’importanza politica del coming out, trovando in un contesto sociale diverso rispetto a quello pakistano uno spazio – sebbene spesso soffocante e fortemente razzista – in cui riconoscersi e identificarsi. Per chi invece emigra in età adulta, la tendenza sembrerebbe essere quella di rimanere ancorati alle narrazioni culturali di origine, in cui il comportamento sessuale, sebbene condannato, è l’unica strada percorribile, e le relazioni affettive omodirette – con le conseguenti aspettative dettate dalla norma etero-mono-patriarcale e dall’ascensore relazionale – sono spesso ripudiate, condannate, non volute: a dettare tale sentimento è il limitante trinomio amore-matrimonio-figli. Giustificato, a dispetto di Foucault, dal paradigma essenzialista della coppia eterosessuale e dalla retorica della sopravvivenza della specie.