Intervista a Giovanni Gargano, sindaco di Castelfranco Emilia, sull’uso dello schwa nella comunicazione social, più una voce da attivista

A inizio aprile, la pagina Facebook ufficiale della città di Castelfranco Emilia ha cominciato a usare lo schwa in alcuni dei suoi post. Questa scelta è stata brevemente motivata in un post dedicato sulla stessa pagina il 12 aprile, il quale spiega: «Abbiamo deciso di adottare un linguaggio più inclusivo: al maschile universale (“tutti”) sostituiremo lo schwa (“tuttə”), una desinenza neutra». Quella del linguaggio inclusivo è una discussione che linguistǝ e attivistǝ stanno portando avanti da tempo: il cosiddetto maschile sovraesteso, infatti, riflette nella lingua un’abitudine patriarcale, quella che predilige il genere maschile; l’uso di una desinenza alternativa è un modo per opporsi a questo sistema e per dare maggiore visibilità al genere femminile e a quelli non binari.

A livello istituzionale, osserviamo una sempre maggiore attenzione nell’uso del linguaggio. Ad esempio, il comune di Bologna utilizza la doppia forma, maschile e femminile (“tutti e tutte”), perifrasi per evitare di specificare il genere (“tutta la cittadinanza”), e addirittura l’asterisco (“tutt*”) nelle comunicazioni sul suo canale Telegram.

La scelta del Comune di Castelfranco (limitata unicamente al linguaggio usato sui social) ha creato non poche polemiche e ha aperto un dibattito al quale hanno preso parte, oltre alle nostre vecchie conoscenze (puristə della domenica e paladinə «no-gender») moltə attivistə e studiosə come la sociolinguista Vera Gheno, che da anni si occupa di linguaggio inclusivo. A distanza di qualche settimana, abbiamo intervistato in merito alla questione il sindaco di Castelfranco Emilia, Giovanni Gargano.

Quali sono le motivazioni che stanno dietro a questa scelta e perché, tra le diverse proposte di linguaggio inclusivo, avete preferito lo schwa?

L’iniziativa nasce di riflesso ai tempi che stiamo vivendo: il Covid ha creato distanza interpersonale e questo sta avendo effetti significativi sulla coesione sociale in senso generale. Da qui abbiamo pensato di usare nella comunicazione social lo schwa, che è un simbolo di attenzione e cura verso le diversità. Dobbiamo essere inclusivi, perché riflettere sulle diversità può aiutare a fare un passo avanti tuttə assieme. Questa scelta però non vuole essere né un cambiamento della lingua italiana, né un’imposizione. Abbiamo preferito lo schwa perché fa già parte dell’agire linguistico italiano: è presente in piemontese e in molti dialetti del Sud, e quindi è un segno fonetico che già appartiene al popolo.

 Qual era l’impatto che pensavate di avere e qual è stato poi il riscontro che avete visto in queste settimane?

La risonanza mediatica di questa operazione è stata ampissima, sia sui giornali che in televisione, molto più di quanto ci aspettassimo. Purtroppo, ognunǝ ha ricontestualizzato questa notizia nell’ambito che più conveniva, spesso con scopi negativi. Ad esempio, latinistə e dantistə hanno posto la questione come una lotta di principio per la conservazione della lingua italiana. Ma la nostra operazione non va infarcita di ideologie. Quello che mi lascia perplesso è che in Italia basta invertire una vocale per arrivare alle minacce di morte: per far capire certi concetti allora dovrei ribaltare anche tutte le altre lettere.

Si tratta di un’iniziativa circoscritta o avete intenzione di espandere quest’uso ad altri settori e/o avete altri progetti futuri che riguardano l’inclusività?

Per ora è fondamentale rimanere nell’alveo della comunicazione social, poiché sotto questo punto di vista il linguaggio istituzionale è intoccabile. Ma lo schwa sarà il simbolo che accompagnerà tutti i progetti che stiamo portando avanti a Castelfranco Emilia sul tema dell’inclusione. Ad esempio, sarà stampato sul tappeto antinfortunistico di un parco giochi che inaugureremo vicino alla stazione, che avrà dei giochi studiati per essere fruibili anche da bambinə con disabilità. Ma non ci fermeremo certo qui.

Pensate che la vostra scelta possa influenzare o aprire la strada ad altre istituzioni o enti pubblici italiani?

Spero che la nostra possa essere stata una provocazione che faccia aprire gli occhi ad altri comuni ed enti, perché introducano anche loro questo tipo di comunicazione e pongano l’attenzione sulle diversità. Abbiamo bisogno di persone che ascoltano più che di persone che parlano in maniera sguaiata. Ricordiamo che il motto dell’Europa è «Unita nelle diversità»: il discorso che stiamo facendo deve includere tutte le diversità e non ridursi in battaglie di settore, per andare oltre i confini e i pregiudizi che ognunə di noi si porta dietro.

 

 

 

Uno dei problemi come attivistə LGBTQ+ e transfemministə è quello della visibilità: che le nostre istanze raggiungano ancora più persone è sempre un bene. Il discorso sul linguaggio inclusivo e sullo schwa è più che mai vivo in questi mesi ed è importante che se ne parli, che faccia notizia, che crei polemica ma soprattutto dibattito. 

Linguisticamente parlando, poi, usare una forma lessicale è l’unico vero modo perché venga introiettata ed entri quindi nella lingua comune. L’operazione social del Comune di Castelfranco Emilia è un segnale positivo.

Da attivistə, però, rivendichiamo il significato politico dello schwa: anche per noi deve essere un simbolo, ma un simbolo di lotta al sistema patriarcale ed eterocis-normato. Rivendicare un linguaggio che accolga e contempli le nostre identità è un modo per dire ad alta voce che esistiamo: siamo donne in un mondo che mette sempre prima gli uomini, siamo persone con un’identità di genere divergente in un sistema rigidamente binario. Lo schwa non è una moda e non è un simbolo privo di connotazioni specifiche, ma ha un significato preciso che non va lasciato sbiadire, anche a costo di renderlo provocatorio: quando parliamo di tuttə, e non di tutti, manifestiamo nella lingua il bisogno di riconoscere la parità di genere e l’esistenza delle persone non binarie.

Siamo consapevoli che non saranno le istituzioni pubbliche a portare avanti queste istanze e certamente non con questo peso sociale e politico: ben vengano dunque iniziative come quella del Comune di Castelfranco Emilia, e speriamo che possa davvero fare da apripista ad altre istituzioni. Ma c’è ancora tanta, tanta strada da fare.