Flaccidia, aka Valentina Marchionni, di Macerata, si avvicina al mondo dell’arte a 24 anni. Frequenta l’Istituto Europeo di Design a Roma, dove collabora con alcune agenzie pubblicitarie. Fin da piccola si sente un po’ grafomane, ma si interessa anche di illustrazione. Il suo stile, legato a una tecnica vettoriale, si è poi avvicinato al disegno manuale.

Come definiresti il tuo lavoro artistico?

Io mi sento una collaboratrice dell’arte. La grafica e l’illustrazione non fanno parte del mio lavoro quotidiano, ma danno grandi soddisfazioni. Nella mia elaborazione artistica vedo, più che un’astrazione intellettuale, un’operazione di artigianato. Mi affido molto all’intuizione, trovo ispirazione in tutto ciò che mi succede.

Desiderio e mostruosità: a cosa ti sei ispirata?

Il poster mi ha fatto pensare a una compenetrazione surreale fra umano e bestiale: i due elementi del tema vengono spesso ricondotti al mondo animale. Gli istinti, la sfera impulsiva dell’eros, sono spesso associati a un retaggio primordiale della natura animale. L’animalesco è però visto anche come sinonimo di spaventoso e negativo. Ho raffigurato un transito da specie a specie, mostrificando alcuni tratti del corpo attraverso la testa di un rapace, animale che si ciba di carne e dai tratti particolarmente forti.

L’ibrido è qualcosa che mette paura. Il soggetto però è rappresentato da solo, innocuo, in un momento di riflessione. Perché?

Non solo la mostruosità mette paura, spesso lo fa anche il desiderio. Ciò da cui siamo attratti e i nostri istinti riguardano e spaventano prima di tutto noi stessi. La relazione con il desiderio è prima introspettiva e solo dopo veicolata verso l’esterno. I tentacoli che emergono dal sottofondo subacqueo, che provengono da una parte sconosciuta ed estranea del corpo mostruoso e desiderante, rappresentano la fusione fra intelletto e impulsi e un ritorno alla natura. Il vero fulcro del desiderio è personale, fa parte di come ci siamo evoluti e della nostra storia.

Da cosa deriva questa paura del desiderio?

Dal concetto di controllo. Il desiderio è libero, puro e rivoluzionario. L’idea che il desiderio, per sua natura polimorfico, non possa essere regolamentato socialmente, porta spesso a colpevolizzarlo. Io credo che la perdita del controllo sia la base stessa della realizzazione del desiderio. L’incontro con l’altro, basato sul consenso, trova poi la sua realizzazione nell’avvicinamento di soggettività che riescono a mescolare le sensazioni più naturali e istintive senza la necessità di ingabbiarle e reprimerle.

Cosa c’è di personale in questa rappresentazione?

Nella rappresentazione del corpo ho esasperato alcuni tratti in cui mi rivedo. Di mio c’è anche la dimensione onirica che pervade l’immagine. Credo che nei sogni tante volte emergano desideri che non siamo in grado di esprimere, con atmosfere non razionalizzabili. Nel sogno, pur con collegamenti talvolta assurdi, si esprime quella mancanza di controllo e introspezione di cui parlavamo.