Lo scorso febbraio, diversi giornali hanno riportato il primo caso documentato di un rapporto sessuale tra due esemplari di megattera (precisamente di Megaptera novaeangliae). A rendere particolarmente curioso lo studio, che in altre circostanze sarebbe passato inosservato, è stato il sesso degli esemplari coinvolti: entrambi maschi. Ciò ha riacceso l’attenzione su un tema che ha animato la biologia degli ultimi decenni e che ciclicamente scalda la scena politica: le pratiche sessuali tra individui della stessa specie sono contro natura?

Occorre chiarire un punto fondamentale: parlare di animali omosessuali o eterosessuali, biologicamente parlando non ha senso. Il concetto di orientamento sessuale è il frutto di un sistema culturale che risulta impossibile trasporre fuori dal contesto umano. 

In nome della correttezza etologica, ci si limita ad osservare comportamenti omosessuali  (che il più delle volte, in realtà, andrebbero definiti come queer): interazioni, tra individui dello stesso sesso, che avvengono – nel contesto della riproduzione – anche tra individui di sesso opposto. Di questi comportamenti se ne sono registrati parecchi: già nel 2009 erano state raccolte migliaia di segnalazioni spalmate tra mammiferi, rettili, uccelli, anfibi, insetti e altri gruppi di animali. 

All’apparenza qualcosa sembra non tornare sul piano evolutivo: se in natura vengono premiati gli organismi più adatti a un certo contesto, che dovrebbero essere, secondo la logica, anche quelli che hanno più chances di riprodursi, che vantaggio evolutivo fornirebbero comportamenti così platealmente non funzionali al generare prole? Due esempi possono farci intuire come le due cose possano anche andare di pari passo.

Partiamo dal mondo degli insetti, prendendo il caso del tribolio delle farine (Tribolium castaneum), in cui gli accoppiamenti indiscriminati rappresentano un bel risparmio di tempo: distinguere le femmine dai maschi è un lavoraccio in organismi che presentano scarso dimorfismo sessuale (cioè scarse differenze visibili tra i sessi). 

Fin qui  non parrebbe poi esserci alcun vantaggio così sensazionale nell’esibire comportamenti omosessuali, ma c’è dell’altro: la fecondazione indiretta. In diverse specie di insetti, la monta di un maschio con un altro maschio permette di depositare il proprio sperma all’interno di quest’ultimo; in caso non si riesca a incontrare una femmina, si può sempre contare sul secondo esemplare per la fecondazione e garantire la produzione di prole. Sebbene il processo non presenti rese entusiasmanti nel tribolio (pare funzionare nel 7% dei casi, e la quantità di figli prodotti con questo meccanismo è alquanto limitata), questo è un esempio fra tanti di come l’esibire comportamenti omosessuali non implica necessariamente forme di preferenza omosessuale: di solito, a risultare vantaggioso è il combinare in modi diversi interazioni con individui del proprio sesso con quelli di sesso opposto, cioè applicare strategie che noi umani potremmo interpretare come bisessuali.

Questi comportamenti sono tuttavia inclassificabili e sfuggenti nelle loro molteplici forme, con funzioni diverse quali la riduzione dei conflitti fra gli individui dello stesso sesso, o il cementare i rapporti sociali all’interno di un gruppo. Un approccio queer al tema risulta il più consono per studiare questi fenomeni senza pretese di incardinare la natura in rigide classificazioni.

Prendiamo un altro esempio, forse il più eclatante: l’albatro di Laysan (Phoebastria immutabilis), una specie monogama con un’alta prevalenza di individui di sesso femminile. Il 31% delle coppie che si formano fra questi albatri sono interamente al femminile: dopo un rigoroso corteggiamento e un veloce incontro extraconiugale con un maschio (giusto per fecondare le uova), condividono le responsabilità genitoriali.

Questa strategia aumenta il numero di individui che raggiungono l’età adulta (più coppie implica più cura della prole), e al contempo limita il rischio di potenziali separazioni fra le coppie che esibiscono comportamenti eterosessuali; del resto, in mezzo a quest’altissimo tasso di individui di sesso femminile, i maschi potrebbero lasciarsi andare a pratiche poligame, svantaggiose in questa specie poiché non consentirebbe adeguate cure parentali ai pulcini.

Va tenuto presente che osservare comportamenti queer negli altri animali poco ci dice della liceità di questi comportamenti nell’essere umano.  Ogni specie è un caso a sé e dobbiamo fare molta attenzione a non utilizzare la zoologia per giustificare scelte politiche, in un senso o in un altro. Nessunǝ (si spera) vedrebbe di buon occhio il mangiare la testa dellǝ partner dopo un rapporto, come fa la mantide religiosa (Mantis religiosa). Ma certamente questi studi ci confermano che non parliamo di comportamenti contro natura: almeno sul piano biologico, sono assolutamente naturali.

PER APPROFONDIRE: ALCUNI ARTICOLI SUGGERITI:

a)  Bailey and Zuk, 2009, Same-sex sexual behavior and evolution, Trends in Ecology and Evolution, Vol.24, No.8;

b) Geoff R. MacFarlane et al., 2010, Homosexual behaviour in birds: frequency of expression is related to parental care disparity between the sexes, Animal Behaviour, Volume 80, Issue 3, Pages 375-390;

c)  Maklakov A. et Bonduriansky R., 2009, Sex differences in survival costs of homosexual and heterosexual interactions: evidence from a fly and a beetle, Animal Behaviour, 77, 1375-1379;d) Stack, S. et al, 2024, An observation of sexual behavior between two male humpback whales. Marine Mammal Science, e13119

Immagine in evidenza: Stack, S. H., Krannichfeld, L., & Romano, B. (2024)