di Valentina Pinza

Classe 1986, romana, Eva Rossetti si laurea in Saperi e tecniche dello spettacolo cinematografico alla Sapienza; parallelamente frequenta la Scuola Romana dei Fumetti, dove si diploma nel 2015. Nel 2017 firma i disegni e i colori del graphic novel Il mio Salinger (Becco Giallo) sceneggiato da Valentina Grande.

Sempre per Becco Giallo fa parte del volume collettivo Sacerdotesse, imperatrici e regine della musica. 20 donne che hanno rivoluzionato la musica nel mondo, scritto da Clarice Trombella.

Per Pearson Italia cura un’antologia per le scuole medie e di epica a fumetti. 

Nel 2020 lavora, sempre con Grande, al graphic Feminist Art (Centauria).

Come definiresti il tuo stile?

Il mio stile cambia, cerco di sperimentare in base al progetto. In alcuni casi può essere iconografico e illustrativo, in altri più dark, inchiostrato, sporco. Guardo principalmente ad autori francesi come Pierre-Henry Gormont, ma non penso di assomigliare a chi mi piace. Per i colori è capitato di ispirarmi all’universo di Chomet, ma poi entrano in gioco la mia formazione cinematografica e il cinema europeo, con il racconto che si muove tra dettagli e scene mute. Quando voglio una linea perfetta penso all’attenzione e alla pulizia dei giapponesi, come Hokusai.

Nel tuo secondo lavoro, Feminist art, hai rappresentato l’attivismo femminista di grandi artiste del ‘900, cosa ti ha colpito di loro?

Il coraggio e l’iniziativa personale, il fare qualcosa che prima non aveva fatto nessun* ma anche la capacità di fare rete. Pensando a Judy Chicago, il suo lavoro come insegnante mi ha colpita moltissimo: c’era l’idea di poter incidere sulle nuove generazioni di artiste, di coinvolgerle nel lavoro al di là della tecnica. E poi le Guerrilla Girls, che con la loro lotta in strada ci ricordano che non abbiamo ancora raggiunto una piena uguaglianza. 

Per quanto nella mia esperienza non abbia subito discriminazioni, registro che i fumettisti più famosi sono soprattutto uomini. Dobbiamo essere capaci di fare rete anche noi, di muoverci in quella direzione.

Come hai lavorato sul tema del poster, la masturbazione?

Tutto ciò che riguarda la sfera sessuale non è semplice da rappresentare. Quando lavoro a un’illustrazione astraggo tutto ciò che il tema mi evoca, e in questo caso mi affascinava la componente personale, la fantasia che non deve necessariamente essere condivisa. Puoi permetterti il massimo della trasgressione, perché lì resta. Per questo non volevo esplicitarlo troppo, è nelle mie corde raccontare dei momenti attraverso i dettagli. 

La vasca, il bagno e l’acqua rimandano all’inconscio, le piante sono esplosione di vita. L’orgasmo, quindi, l’ho affidato ai dettagli: volevo nascondere più che mostrare, riportare a una dimensione intima e libera.

I tuoi progetti futuri.

Il Covid ha fatto sì che un momento di raccolta tornasse un momento di semina, sto lavorando ora a un progetto come autrice unica. Parla della mia città, Roma. Non dico di più!

Due parole sulla masturbazione.

Abbiamo un corpo, va esplorato: non abbiate paura!

Pubblicato sul numero 59 della Falla, Novembre 2020