Nella vita è frequente la sensazione di indossare degli abiti che non ci appartengono, cuciti dalla società, dal ruolo che noi stessi e gli altri ci aspettiamo di dover ricoprire. Il principe e la Sarta, graphic novel di Jen Wang (Bao, 2019), spoglia questo concetto del senso metaforico, lo elabora in un contesto dove i vestiti, la stoffa, la moda sono gli strumenti grazie ai quali i personaggi sceglieranno di affrontare le loro paure e ambizioni.
Frances è una giovane sarta che viene assunta da Sebastian perché realizzi i suoi abiti. O, per meglio dire, gli abiti per il suo alter ego Lady Crystallia. Lui è il principe ereditario del Belgio, nella Parigi del primo ‘900.
La sua passione di vestirsi da donna, grazie alla quale si trasforma come una farfalla assumendo sicurezza e autostima, non è quindi affatto facile da assecondare.
L’aiuto reciproco e lo scontro saranno fondamentali per realizzare i propri sogni e il legame che si formerà tra i due personaggi permetterà la loro evoluzione, tramite l’elaborazione di insicurezze ed errori. Per entrambi si tratterà di uscire dall’armadio, che sia l’ombra di qualcuno a cui si vuole bene, oppure l’accettarsi per chi si è.
Il fatto che siano giovani, una decisione che l’autrice Jen Wang ha preso in corso d’opera, dà ancora maggiore enfasi al loro percorso di crescita.
Nonostante l’aspetto del crossdressing venga rappresentato dai media abbastanza spesso, e in particolare dal fumetto giapponese, di solito si assiste a una narrazione distorta in cui ciò viene accomunato all’esperienza trans* (il che non è necessariamente errato, ma piuttosto mal raccontato), oppure a una scissione tale per cui l’indossare abiti del genere opposto coincide con la creazione di una versione alternativa di sé.
Sebastian/Lady Crystallia, nonostante la seconda venga inizialmente percepita come un altro lato della medaglia, si accetterà in ogni parte, da individuo integro. Tanto che l’editore italiano vi si riferisce con l’asterisco in finale di parola, emulando al meglio la neutralità possibile con l’inglese. Sebastian/Lady Crystallia decostruisce la dualità delle sue personalità, assieme alla distinzione binaria dei generi, della quale vengono privati anche i vestiti, che invece della femminilità scandiscono lo stato d’animo del personaggio.
È un’ottima rappresentazione di identità queer, che non ha la necessità di essere incasellata. Così anche il rapporto con Frances, liberato dalle caratteristiche delle relazioni convenzionali, dove il genere dei due non ha rilevanza rispetto alla comprensione, al rispetto e al supporto reciproco.
Lo stile di disegno è stato sintetizzato e ammorbidito in corso d’opera, lasciando spazio all’emotività grazie ai tratti dolci e caricaturali dell’autrice. I colori sono al limite dell’espressionismo, tanto riflettono stati d’animo e situazioni, e la narrazione è scorrevole, valorizzata dalle frequenti tavole mute dove il linguaggio del corpo e le espressioni dei personaggi rendono superflua la parola.
La semplicità narrativa del graphic novel è un pregio che lascia spazio alla caratterizzazione dei personaggi, rendendo la storia immediata a livello comunicativo.
Benché tempo e luogo vengano specificati, arricchendo anche le scelte grafiche e stilistiche grazie ai riferimenti liberty e floreali, l’opera viene percepita come una fiaba sospesa, in grado di raggiungere chiunque, indipendentemente dall’età.
Tramite un racconto di legami e autodeterminazione, rappresenta un invito a mettersi nei panni del prossimo e a integrare le diversità dalle quali si può risultare arricchiti, senza dimenticare di dare valore alle nostre scelte ed esperienze.
Immagine in evidenza realizzata da Ren Cerantonio
Immagine di Algida Bofrost
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