Una ex monaca benedettina, l’ex convento di Santa Cristina e tanto, tanto gender: queste le premesse per la lectio magistralis Il genere di Dio tenuta da Benedetta Selene Zorzi in occasione del Gender Bender al Centro delle donne di Bologna (collocato nel sopracitato ex convento). Zorzi è una professoressa, un autrice di svariate opere – il suo ultimo libro è appunto Il genere di Dio. La Chiesa e la teologia alla prova del Gender – e, soprattutto, una teologa.
Zorzi comincia la presentazione illustrando i quattro significati che “genere” assume in italiano: grammaticale, antropologico (con distinzione tra identità, espressione e sesso), nel senso di categoria-tipo e infine la neonata accezione della fantomatica ideologia Gender. La teologa prosegue notando come la Chiesa cattolica abbia aderito alle distinzioni che le scienze sociali attuano tra sesso e genere ma come rigetti ufficialmente l’ideologia Gender. Il rifiuto di qualcosa che di fatto non esiste se non nella mente e nella bocca dei suoi detrattori ci rivela una Chiesa confusa e in difficoltà.
Un disorientamento forse motivato. Nonostante ci sia chi ancora vuole ignorare i punti di vista femminili e femministi – volendo relegare le teologhe al campo socio-antropologico – è da fine Ottocento che il loro lavoro sta cambiando lo studio della teologia. Nell’antichità greca e romana vi era un solo sesso – quello maschile, con la donna come uomo mancato – e nei secoli successivi si è passati ad annullare il sesso – l’umanità asessuata in quanto immagine di un Dio metasessuale. L’esegesi femminista invece mette in discussione interpretazione e traduzioni classiche e ci porta alla distinzione di genere, con uomo e donna come entrambi immagini di Dio.
Dovremmo concludere quindi che Dio – o Dea– è sia uomo che donna? O alle volte uomo e alle volte donna? Possiamo forse usare il termine genderfluid? Zorzi ci assicura che tale divinità ci apparirebbe meno strana se leggessimo la Bibbia; è paragonat* sia a figure maschili che femminili, padre e madre, guerriero e sapienza. La sapienza è infatti vista come una donna, una donna forte e indipendente, non la sola a staccarsi dai ruoli di genere che ci aspetteremmo dal racconto sacro. Il Dio come padre per esempio non è un padre-padrone ma uno che si prende cura dei suoi figli, in modo che noi definiremmo quasi materno. Lo stesso Gesù rifiuta i tratti tipici della mascolinità, essendo un capo che si fa schiavo e un uomo che non procrea.
In una società che a molti appare difficile da comprendere, Zorzi vuole spiegarci il fantasma dell’ideologia Gender anche come l’ultima difesa adottata contro di essa. La distinzione uomo-donna – con tutti i pregiudizi del caso – è, assieme alla Chiesa, un’àncora molto familiare a cui aggrapparsi; l’ideologia Gender è il perfetto mulino a vento da attaccare. Poco importa se la Chiesa stessa non si interessava – almeno teologicamente – delle differenze tra uomo e donna prima degli studi femministi e poco importa cosa sia scritto nella Bibbia: la tradizione e l’abitudine contro la paura delle novità sono i veri motori di questi movimenti.
L’intervento di Zorzi termina con uno scrosciante applauso e una piccola folla la circonda. Fa certo riflettere sulla condizione del cristianesimo quando una tale esperta ottiene maggiore riconoscimento al Gender Bender che all’interno della Chiesa, la quale avrebbe più bisogno di chiunque altro di una lezione o due su questi argomenti. Riesco ad avvicinarmi a Zorzi e a strapparle due foto, promettendole di inviargliele. E di sottolineare come lei sia una delle tante teologhe che, nonostante le ostilità, studiano e affrontano i temi dirimenti con cui la cristianità si deve confrontare.
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