Care lesbiche e cari gay, oggi voglio condurvi in un’esplorazione naturalistica delle abitudini migratorie della fauna bisessuale. So che molti di voi dubitano che questa specie effettivamente abiti i vostri territori. I bisessuali sono un po’ come un animale raro, magari un po’ esotico, diciamo un cobra: razionalmente sappiamo che esiste da qualche parte nel mondo, ma chi ne ha mai visto uno in Emilia-Romagna?
Nella nostra zona siamo abituati alle bisce d’acqua, o al massimo qualche vipera se si va a fare trekking in montagna. I cobra esistono nei documentari o nelle canzoni di Donatella Rettore, non nella nostra esperienza quotidiana. Insomma, non me la sento di biasimarvi se pensate che i bisessuali non esistano, perché effettivamente sembrerebbe che questa specie si incontri raramente nei vostri habitat naturali. In effetti, quando cominciai a frequentare il Cassero – all’inizio delle superiori – mi chiesi dove fossero tutti i miei simili, dato che non incontravo mai nessuno che si presentasse come bisessuale, o che parlasse chiaramente della propria bisessualità in una conversazione.
All’apparenza, questa specie sembra popolare scarsamente il mondo LGBT+. La cosa più sconcertante della bisessualità è che tanto è mitologica e frutto di speculazioni sulla sua reale esistenza all’interno degli spazi dichiaratamente LGBT+, quanto sembra essere diffusa a livello endemico al di fuori. Dalla festa universitaria in cui tra una birra e l’altra abbiamo scoperto che metà dei presenti era bisessuale, all’amica di famiglia che per tutta la vita ha avuto partner di vari generi, al mio migliore amico che insieme alla sua ragazza sfoggia i colori della bandiera bi al Pride… I bisessuali sono un po’ come le scolopendre: basta sollevare un sasso dal terreno e ne escono fuori cinque o sei.
In luce di tutto ciò, si pone la domanda: se i bisessuali sono così numerosi altrove, perché sono inesistenti negli spazi LGBT+? Per prima cosa, non è che siano inesistenti, è che “sembrano” inesistenti. In varie occasioni al Cassero, sapevo di non essere l’unica bisessuale presente nella stanza, ma di solito l’avevo imparato perché una terza persona mi aveva bisbigliato all’orecchio: “Pst, guarda che è bisessuale anche lui/lei!”; raramente quest’identità era stata dichiarata apertamente. Sono stata colpevole anch’io di aver rinforzato quest’invisibilità: le tante volte che sono stata chiamata lesbica, non mi sono sentita di fare correzioni, da una parte perché mi sembrava un’etichetta “un po’” sbagliata ma non “completamente” sbagliata, dall’altra perché sembrava una pedanteria innecessaria, un volersi distaccare e identificare separatamente dal resto della comunità che non mi interessava, perché io al Cassero ci ero venuta per starci dentro, a quella comunità.
Paradossalmente, forse è proprio il fatto che i bisessuali che si muovono all’interno degli spazi LGBT+ si identifichino fortemente con la cultura e le battaglie omosessuali, a far sì che gli stessi “non si facciano avanti” affermando un’identità separata. Così, uno zoologo principiante in procinto di muovere i primi passi nella ricerca di questa specie rara, potrebbe pensare di avere a che fare con numeri da rischio di estinzione, mentre un osservatore più esperto si renderà conto di avere spesso a che fare con casi di perfetta mimetizzazione.
Dall’altro lato, la bisessualità sembra essere più presente come identità a sé stante in alcuni settori del mondo etero. Ambienti progressisti dove prevale una visione non-normativa della sessualità, come per esempio alcuni spazi femministi, risultano molto accoglienti proprio perché critici dei modelli rigidi che dettano schemi fissi per le relazioni o l’attrazione. In più, è più facile che un bisessuale si identifichi come “altro” in confronto a un eterosessuale che a un omosessuale, e quindi se da una parte quest’identità non viene rivendicata all’interno degli spazi LGBT+, dall’altra c’è una dichiarazione di diversità più esplicita nel mondo etero. La combinazione di questi due fattori rende l’avvistamento di bisessuali più facile al di fuori del mondo LGBT+ per un occhio poco allenato.
pubblicato sul numero 19 della Falla – novembre 2016
foto in evidenza: Claudio Ciccotti
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