COME I LIBRI YOUNG ADULT SGRETOLANO IL PREGIUDIZIO

Il pragmatismo di Pippi Calzelunghe ci invitava, fin dagli anni ‘40, a trasgredire la grammatica e a inventare parole a seconda della necessità, a disegnare fuori dai bordi del foglio, fin sul banco, se la nostra idea di forma lo richiedeva; forse anche Pippi avrebbe amato inserire asterischi ed “e” capovolte nelle sue lettere, perché la nostra storia è un po’ come la madre di Pippi: ci guarda dal cielo con il cannocchiale, ma noi da sotto le urliamo che stiamo bene e che ce la caviamo sempre.

Per questa ragione la letteratura per la pre-adolescenza offre uno spazio libero di creazione e sperimentazione: su di sé e sulle altre persone, perché il pregiudizio sia mostrato e poi sgretolato davanti agli occhi di chi legge.

Se non avete mai letto un libro di Marie-Aude Murail, avrete l’opportunità di conoscere Simple, un ragazzo che ha ventitré anni all’anagrafe, ma che ne dimostra tre in quanto a sviluppo cognitivo, e suo fratello Klèber che si rifiuta di portarlo in un istituto e vuole vivere con lui insieme ad altri amici universitari. Scoprirete che Murail racconta un universo senza giudizi in cui l’asimmetria dei personaggi non conformi diventa armonia tra le parti.

Mio fratello Simple, Nodi al pettine, così come Oh, boy!, tutti della stessa autrice, hanno un cuore pulsante nelle s/famiglie che ciascuno sceglie per sé nella ricerca di una prossimità tra gli individui, dimenticandosi degli assistenti sociali o delle scelte che vengono dettate dall’alto per le vite di tutt*.

Nel romanzo breve Nodi al pettine, Louis, attraverso uno stage presso una parrucchiera, comprende cosa vuol fare da grande, al di là delle aspettative paterne. Il microcosmo nel quale la storia si sviluppa segna la rottura di molti stereotipi, soprattutto di genere. Il romanzo più noto dell’autrice resta Oh, boy!: qui conosciamo tre orfani che decidono di vivere con Bart, un fratellastro di cui ignoravano l’esistenza, che è gay, disorganizzato e infantile e non offre nessuna stabilità, almeno non quella considerata importante dalle istituzioni. L’autrice si dedica a temi importanti quali l’adozione, la violenza sulle donne e l’omosessualità sempre con lo stesso tono, che sembra proprio quello del puer che vive un presente in cui ciò che esiste viene vissuto senza dover passare attraverso un’accettazione, che di per sé crea già uno squilibrio di poteri.

Penso, per esempio, a tutti i romanzi che hanno come protagonist* ragazz* con autismo e che, dal romanzo di Mark Haddon Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte (2003) in poi, sono diventati tutt* detective, come se l’autismo si manifestasse nello stesso modo in ogni persona, ma soprattutto come se le persone con autismo avessero bisogno di una compensazione: sono come o meglio delle altre persone soltanto se mostrate in quanto geniali.

In questo caso lo sguardo abilista offre un conforto non richiesto a tutte le persone con autismo che possono, o no, essere geniali: la loro rappresentazione nelle storie è importante, a prescindere da questo.

Stereotipi molto lontani dalla scrittura dell’inglese Frances Hardinge, autrice dei bellissimi romanzi L’albero delle bugie, Una ragazza senza ricordi, La voce delle ombre e l’ultimo La luce degli abissi. Le protagoniste di Hardinge sono giovani arrabbiate, spesso strambe, descritte come esteticamente non attraenti, soprattutto per i canoni di bellezza degli anni in cui ambienta le sue storie, e spesso accomunate da un grande senso di fame. Fame e rabbia, entrambi bisogni di giovani donne che non chiedono scusa per il loro temperamento, ma piuttosto si impongono affinché vengano ascoltate, per fagocitare tutto lo spazio e l’attenzione di cui sono state private dalla Storia e dalle storie che le hanno precedute.

Pensati per un pubblico più adulto, ma letti e oggetto di discussione anche alle scuole medie, sono invece due titoli: Tuo, Simon, di Becky Albertalli, che racconta dell’amore segreto e virtuale tra Simon e un ragazzo conosciuto in rete e Dicono di noi, romanzo della celebre youtuber Charlie Moon.

In quest’ultimo la protagonista si innamora di una sua amica ed è costretta a rivedere le convinzioni su di sé. Entrambi i romanzi sono intrisi di una grande retorica e tutta l’autenticità della narrativa per l’infanzia si perde in un brodo di emozioni ai limiti, ma le emozioni forti, anche se poco realistiche, sono proprio quelle che accendono i pensieri di chi un tempo era bambin*. Bye-bye, Neverland.

Pubblicato sul numero 60 della Falla, dicembre 2020