Accade che una parola suoni come un’altra, ma che non ci si faccia caso. Almeno finché uno studente alza la mano per rispondere al professore che quel giorno vuole parlare di Rimbaud: «A professo’, sapemo tutto, ma se chiama Rambo». Quel professore era Valerio Magrelli e la battuta è ancor più buffa se si pensa che battuta non è. Il film Rambo è tratto da un libro dal titolo Primo sangue, scritto dal californiano David Morrell nel 1972 e racconta l’ormai noto ritorno di un veterano della guerra in Vietnam (in effetti un nostos). Negli anni della controcultura, nell’imbastire una storia che tratti il tema dell’esule e del rifiuto di tutto un Paese delle conseguenze delle proprie azioni, Morrell si interroga lungamente sul nome da dare al protagonista. Sembra non uscire da quel tunnel finché, colto da un’epifania, decide che l’unico nome adatto al suo personaggio, di ritorno dall’inferno della guerra, poteva essere quello del poeta maledetto che aveva scritto proprio Una stagione all’inferno. Per cui, professo’, aveva proprio ragione lo studente: Rambo è in qualche modo Rimbaud, le meraviglie dell’omofonia.
Illustrazione di Claudia Tarabella
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