Un classico non ha mai finito di dire quel che ha da dire. Che sia una checca pettegola? Maliziosi interpretiamo omosessualmente i classici. Lo ha fatto Tommaso Giartosio nel suo Non aver mai finito di dire. Classici gay, letture queer (Quodlibet, 2017).
Lucia è prigioniera degli sporchi e ruvidi bravi (i promessi sporchi, la quintessenza di frociaggine e fantasie), quel castello è un ambiente omosociale, ma vince lei perché è l’unica vera femmina libera: non suora, non vecchia, non bambina e con quell’ingenuità stucchevole che contagia e fa saltare tutto il sistema.
«Non son più uomo» piange l’Innominato convertito, perché il femminile è entrato in lui e il pericolo che l’omosociale diventi omosessuale è scongiurato.
Il gonnellone del cardinale Federigo addolcisce, con quel tocco femminile, l’omosocialità della Chiesa intera con una virile mitezza. Griso perquisisce il corpo di Rodrigo e lo tradisce (maledetti uomini, siete tutti uguali). Anche Renzo era un bravo dentro, ma Lucia lo aveva già contagiato e femminilizzato.
Pubblicato sul numero 57 della Falla, luglio/agosto/settembre 2020
Immagine di Claudia Tarabella
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