di Vincenzo Branà

Non è affatto facile aprire una falla: lacerare una trama, rompere ciò che sembra nato per essere infrangibile, richiede uno sforzo notevole. Da decenni le persone lesbiche, gay, bisessuali e trans lottano per aprirsi un varco. E oggi che i lustri sono passati – e il varco, in termini di diritti, resta ancora da aprire – abbiamo imparato a mettere in conto la fatica, le opposizioni più ostinate e soprattutto la durezza granitica del muro.

Ma nella battaglia, purtroppo, continuiamo a scoprire ostacoli nuovi, eventualità che non avevamo considerato e che invece ci stanno piombando addosso, allontanando ancora una volta il traguardo. A Bologna, ad esempio, per qualche settimana grazie all’iniziativa del sindaco di trascrivere i matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero, ci eravamo fregiati del titolo di “città umana” (noi avremmo preferito dar per scontata l’umanità e parlare di civiltà, ma sarebbe un discorso lungo).

Dopo neanche tre mesi, però, in barba alla Costituzione, all’ordinamento giuridico, alle sentenze, al buonsenso e perfino al buongusto, un commissario prefettizio, cioè uno che per qualche minuto diventa sindaco (puf!), ha messo il timbro ANNULLATO accanto a quelle trascrizioni, facendoci ripiombare di colpo nel passato remoto, molto prima di quello prossimo. Quando apri la breccia, insomma, non solo rischi di essere respinto ma osservi anche un’immediata tendenza, nel muro che tentavi di infrangere, a cicatrizzare ogni scalfitura, a ricalcificarsi più duro ancora. Cioè più gretto, più ostile, più retrogrado. E proprio per questo diventa più urgente – sebbene più faticoso – aprire una falla. Ecco la nostra, voilà il nostro “numero uno”. Lo dedichiamo all’altra cicatrice che abbiamo letto sui giornali in questi giorni, a chi nelle aule consiliari di Romagna si è messo a ragionare su cosa fosse una famiglia “naturale”. Ce lo siamo chiesti anche noi e la risposta la trovate in un fumetto. Buona lettura.

pubblicato sul numero 1 della Falla – gennaio 2015.