Negli anni ‘30 Carl Rehnborg, californiano tornato da un campo di prigionia in Cina, inizia a vendere integratori vitaminici dando vita a una nuova strategia di marketing, il network marketing, o multilevel marketing (da qui in poi Mlm). Qualche anno dopo, nel 1949, altri due uomini, rivenditori dei prodotti di Rehnborg, affinarono questo sistema di vendite, lo stesso che permise a Brownie Wise, negli anni ‘50, di diventare multimilionaria grazie alla vendita dei suoi famosissimi contenitori alimentari di plastica, i Tupperware. Per quanto la storia di quest’ultima venga spesso usata ad esempio del Mlm come forma di marketing che funziona «non sfruttando le donne, ma includendole e incoraggiandole» (Doll, 2017), questa narrazione può risultare del tutto fallace. 

Spesso presentato come forma di imprenditoria che aiuta le donne a emanciparsi, il Mlm è in realtà l’esatto opposto.

Considerando che, dati aggiornati al 2011, l’80% delle persone coinvolte nel Mlm sono donne mentre i Ceo delle maggiori aziende di Mlm sono principalmente uomini, e che uno studio recente del Consumer Awareness Institute dimostra come il 99% delle persone (leggasi, donne) coinvolte nel Mlm finisca per perdere soldi, forse qualcosa non quadra nell’immagine del Mlm come mezzo per l’emancipazione femminile.

Quello che sfugge, o che forse non si vuol notare, è che il Mlm è un esempio perfetto di come il capitalismo riesca a sfruttare le falle della società patriarcale. 

Ma come funziona il Mlm? Le aziende di network marketing «usano le proprie distributrici – dette anche rappresentanti o recruiter – per vendere prodotti», che vengono comprati all’ingrosso o in appositi kit di partenza. Dopo aver fatto spendere una cifra considerevole in prodotti, incontri di formazione e seminari, le aziende di Mlm «utilizzano il passaparola per fare in modo che le recruiter portino dentro ulteriori persone che possano distribuire [i prodotti] a un’audience più grande. 

Le recruiter sono risarcite dalle percentuali delle vendite fatte dalla loro “downline”», cioè le persone da loro reclutate, «o dalle persone reclutate al di sotto di loro. L’idea dietro questa struttura multilivello […] è che oltre a vendere prodotti, ogni recruiter può anche guadagnare soldi da ogni vendita fatta dalle reclute sotto di lei, e guadagnare ancora di più nel momento in cui reclutano altre persone» (Bond, 2019). 

In questo modo viene a formarsi una struttura molto simile a quella di uno schema piramidale e, per quanto legalmente diversa dalle vendite piramidali, il risultato finale, al limite della regolarità, sarà più o meno lo stesso: le recruiter nei livelli più bassi faranno sempre più fatica a trovare nuove reclute, si arriverà a un momento in cui l’offerta supererà la domanda, e a guadagnarci sarà solo chi è ai piani alti, generalmente uomini. 

Alla fine le donne che entrano nei Mlm ne escono povere e con una salute mentale destabilizzata, se riescono a uscirne.

Avon, Amway, Herbalife, Natura Cosmeticos, Vorwerk: le più grandi aziende di Mlm vendono prodotti di cosmesi, per la casa, integratori alimentari, tutto rivolto a donne. Gli uomini a capo delle aziende di Mlm hanno capito sin dall’inizio, negli anni ‘50, che il pubblico migliore per questo tipo di marketing era quello femminile. D’altronde, per una vendita che si basa sul passaparola qual è il target migliore se non i salotti delle medioborghesi bianche americane, escluse dal mondo del lavoro, ma che dopo la guerra intendono guadagnare in un qualche modo? 

È importante per la contestualizzazione storica notare che fossero per la maggior parte donne cis e bianche, perché anche se sono passati decenni dai tempi dei Tupperware party, le intenzioni non sembrano essere molto cambiate: tutti i siti di Mlm sono intrisi della più semplicistica retorica femminista liberale, che ben poco ha da dire alle donne trans* e nere, ma che invece aiuta a fare in modo che nessuna delle donne che entrano nel network si liberi veramente. 

The Lady Network, «il più grande movimento di network marketing femminile in Italia», può essere un ottimo esempio per analizzare il Mlm oggigiorno e vedere come la falsa retorica femminista sia insita nel loro funzionamento

Appena entrate nel sito, ci attirano subito due parolone in capslock: «LIBERA» e «INDIPENDENZA»; più avanti il network, diretto da 8 donne italiane che «hanno preso in mano la loro vita», si presenta come «un’opportunità per riconquistare il tempo da dedicare alla famiglia, pur sentendosi utile agli altri e realizzata professionalmente». Se andiamo a leggere le testimonianze di chi è entrata nel network, la retorica è sempre la stessa: tutte mamme e mogli, ci tengono a precisare sin dalle prime righe, stanche di un lavoro precario che le teneva lontane da casa, hanno deciso di affidarsi a Lady Network, sicure di poter unire affetti famigliari e indipendenza economica, dal momento che tutte le aziende di Mlm, Lady Network compresa, si presentano come lavori non troppo impegnativi ma comunque remunerativi. 

A tutte piacerebbe avere una giornata lavorativa di 5 ore e stare tranquille, e se le aziende di Mlm riuscissero a offrila sarebbe un’ottima cosa. Purtroppo, sia le testimonianze dirette che gli studi dicono che non è così: le aziende di Mlm reclutano donne e persone in difficoltà non per arricchirle, ma per renderle più povere. 

D’altronde non si rivolgono a qualsiasi donna: una donna privilegiata non si ritroverà mai a lavorare per un’azienda di network marketing. «I Mlm vendono bugie a donne vulnerabili. I loro prodotti sono studiati specificamente per donne in difficoltà con le proprie famiglie, finanze, salute, e body image. I Mlm vendono alle donne prodotti di cui non hanno bisogno giocando con il desiderio di sentirsi e mostrarsi belle, e incoraggiando quelle donne a puntare su altre donne minando la loro sicurezza di sé mentre il sistema continua ad autoperpetuarsi senza fine» (Fleck, 2017).

La retorica delle boss babes e delle «Ceo presso se stessa» è semplicemente una montatura: se una donna è riuscita ad arricchirsi grazie al Mlm l’ha fatto sfruttando e mandando in rovina tantissime altre donne, e questa non è imprenditoria, è sfruttamento, e sicuramente non è femminista.

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