Dovremmo prestare tutte più attenzione alle parole. In questi giorni il tanto discusso Ddl Zan tornerà al Senato e già stanno partendo movimenti d’opinione per commentare la scelta della riproposizione del testo. Spiace inciampare su campagne di comunicazione cui è slittata decisamente la frizione. Sulla pagina instagram di Dà voce al rispetto, campagna nata proprio attorno alla necessità di approvazione del Ddl Zan, è stata pubblicata una grafica contenente il seguente slogan: «Ddl Zan: bene ripresentazione, chi è contro sceglie retorica filo-Putin». Il testo del post è più chiarificatore rispetto alla scelta, e fa ovviamente riferimento alle leggi anti gay e alla cultura espressa a gran voce dal Patriarca Kirill, tuttavia la scelta dello slogan è decisamente pericolosa. 

In un momento tra i più cupi della nostra contemporaneità, tra narrazioni di guerra discordanti e conflitti di opinione che tendono a silenziare reciprocamente, perché sviluppare una campagna che richiami la retorica guerra/pace che sta monopolizzando il dibattito in questi giorni? Perché iscrivere in una sfera semantica e ideologica altra la giusta rivendicazione di diritti che si cerca di promuovere? 

È sempre molto pericoloso proporre parallelismi di questa natura, inutili al dibattito reale e polarizzanti al punto da spostare il focus dal tema centrale. Come non sarebbe filo Nato approvare il Ddl Zan, non sarebbe filo Putin la sua bocciatura. Lasciamo da parte dibattiti sterili. Non occorre guardare altrove per cercare diavoli e santi. Basta già il nostro parlamento, focalizziamoci su quello.