A pensarci bene il villaggio dei Puffi è l’unico modello di socialismo reale ad aver funzionato nella storia senza sfociare in una forma di totalitarismo.

Un villaggio in cui «da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni», dove Puffo vuol dire compagn* e dove, Puffetta a parte, non esiste differenza di sesso e di conseguenza non esistono discriminazioni né di genere né di alcun altro tipo, se non forse per Puffo Quattrocchi che, se Grande Puffo è Marx (o Lenin, o Stalin), per qualcuno è Trotzky che puntualmente viene picconato o buttato fuori dal villaggio (rings any bell?).

Insomma, la società dei Puffi incarna davvero quel socialismo reale dove il bene e le necessità della collettività vengono prima del singolo.

E se da piccol* non potevamo apprezzare queste sottigliezze, incantat* dalla voce di Cristina D’avena e delle sue mille sigle dei Puffi che sono impresse nella nostra memoria, oggi invece abbiamo una certezza granitica: Cristina ha sempre tifato per Gargamella, ma lo ha nascosto bene.

A ciascun* la libertà di credere negli ideali che vuole, ma forse è bene ripensare il suo ruolo nell’iconografia LGBTQ+ e smettere di seguirla.

Che è meglio.