di Vincenzo Branà
Si è aperta con un muro eretto davanti alla porta di Atlantide una delle stagioni più traumatiche della storia recente della città di Bologna. Nell’arco di poche settimane abbiamo visto e rivisto la nostra città militarizzata e su tutti i canali si sono diffuse le immagini di un potere costituito che murava spazi ed esercitava la forza a colpi di manganello. In tutte quelle occasioni ci è parso naturale esprimere, nelle parole e nei fatti, la nostra vicinanza a chi subiva quella prevaricazione umiliante, cinica e ingiusta. C’è chi si è meravigliato per questo, chi ha pensato che il Cassero stesse per trasformarsi in un partito, visto che si pronunciava su un tema che non era né il matrimonio gay né la legge contro l’omotransfobia. E c’è chi provocatoriamente ci ha risposto che avremmo dovuto accollarci noi il problema, lusingandoci perfino, perché ritenuti all’altezza di prendere in mano un tema sul quale l’istituzione aveva clamorosamente fallito.
Ma al di là del dissenso – che è sempre lecito e fa sempre bene – sono arrivate sulle nostre bacheche virtuali anche nauseanti bordate d’odio infiocchettate non dalle svastiche ma dalle messe in piega del salone alla moda o dall’abito buono per la domenica in centro. E non si sa quand’è successo che il bolognese medio – frocio, lesbica o etero che sia – abbia spostato l’orizzonte delle proprie battaglie dalla giustizia sociale al passo carraio sotto casa, concentrando i pochi frammenti rimasti di quello che era un istinto rivoluzionario nella battaglia contro una scritta sul muro, una ciclabile a tiro di SUV o una deiezione canina sul tragitto tra casa e l’apericena.
Fatto sta che a noi – che le leggi lottiamo per cambiarle – pare quasi automatico guardare con sospetto le battaglie di legalità, visto che sulla nostra pelle e sulla pelle dei nostri compagni e delle nostre compagne in tutto il mondo, facciamo esperienza ogni giorno delle tante leggi ingiuste. Il prossimo 3 novembre, nell’ambito della 13esima edizione del nostro meraviglioso Gender Bender Festival, presenteremo sul grande schermo del Lumière un documentario portoricano, dal titolo Mala mala. Parla della comunità transgender di quel Paese, di come negli anni ha costruito reti e ha combattuto battaglie. Di come ha saputo essere luogo di solidarietà e di come ha rappresentato la lotta contro le discriminazioni. Tutte le discriminazioni, anche quelle che si coltivano nei salotti della nostra città.
pubblicato sul numero 9 della Falla – novembre 2015
Perseguitaci