Io non sono nessuno è un film che racconta la vita di Mariasilvia Spolato, una donna che ha vissuto in prima persona le difficoltà e le discriminazioni del suo tempo. Laureata in Matematica nel 1961 con un punteggio di 85/110, nel film emerge come la sua votazione rifletta il pregiudizio dell’epoca nei confronti delle donne iscritte a corsi scientifici.
Dopo alcune esperienze lavorative, ottiene l’abilitazione all’insegnamento. Trova la sua dimensione all’interno di un gruppo femminista ma tra le tante battaglie, una manca: la battaglia omosessuale. La sua vita subisce un rapido cambiamento, per la prima volta nella storia italiana una donna italiana si dichiara omosessuale. Mariasilvia si rifugia nella lettura e trova un amico speciale che le dà un po’ di conforto e sollievo dalla solitudine. Mariasilvia muore nel 2018 a Bolzano.

Abbiamo deciso di intervistare la regista, Geraldine Ottier, che ringraziamo per il prezioso contributo che questo film offre alla comunità.

Come sei arrivata alla storia di Mariasilvia Spolato? Perché tra tante storie di coming out hai deciso di approfondire e far conoscere al pubblico proprio questa? 

Ho conosciuto la storia di Mariasilvia nel 2018, poco dopo la sua scomparsa. A pochi giorni dalla sua morte, al termine della produzione di un cortometraggio a lei dedicato, mi sono resa conto della forza di questa storia, così ho intrapreso un percorso di ricerca che è durato tre anni. Ci sono tre elementi che mi hanno fondamentalmente colpita di lei, che mi hanno portata a raccontare la sua storia: il suo senso di libertà, il suo coraggio e soprattutto la sua dignità. Lei non ha mai raccontato quello che le è successo, quello che le hanno fatto, quando avrebbe avuto tutto il diritto di essere arrabbiata.

In che modo il tuo film riesce a portare luce su un tema spesso ignorato, come l’omosessualità femminile negli anni ’60 e ’70? Hai adottato delle tecniche di narrazione specifiche per raggiungere il tuo scopo? Se sì puoi dirci qualcosa di più?

Rispetto ad altre proiezioni, il fatto che si tratti di una storia vera conferisce un valore immenso al progetto. Ho scelto di adottare tecniche di narrazione e ripresa in grado di trasmettere al pubblico, nel modo più autentico possibile, le emozioni profonde che ognunə di noi prova quando si sente abbandonatə o incompresə. Il lavoro di ricerca e studio è stato fondamentale per fondere immagini e musica in maniera armonica e incisiva, è stata inoltre utilizzata la tecnica del montaggio alternato che serve per mostrare parallelamente le sofferenze delle persone coinvolte. Ho voluto soffermarmi, anche più volte, su dettagli minuti, perché l’intento era quello di entrare in empatia con Mariasilvia e con tutto ciò che ha vissuto.

Durante la presentazione del film hai raccontato di aver incontrato nella tua carriera professionale alcune resistenze da parte di attorɜ che si sono rifiutatɜ di interpretare un personaggio omosessuale. Come ti pone di fronte a una resistenza di questo tipo? 

Rispetto le scelte personali. Se una persona non desidera assumersi il ruolo di portavoce di un determinato messaggio, o non riesce a comunicarlo in modo autentico, è meglio lasciar perdere. In passato mi è capitato però di affrontare una situazione particolarmente spiacevole e irrispettosa: una candidata, presentatasi a un provino per un film a tematica lesbica, ha deriso l’idea appena l’ha scoperta. In quel momento, non ho avuto la prontezza di rispondere come avrei voluto, e me ne dispiaccio. Da allora chiedo esplicitamente se rappresentare un’identità appartenente alla comunità LGBTQIA+ potrebbe essere un problema, perché è evidente quanto alcune tematiche siano ancora tristemente attuali.

Che tipo di reazioni ti aspetti dal pubblico in relazione alla figura di Mariasilvia e al suo impatto sulla società italiana? 

Sapevo, in maniera molto oggettiva, che si trattava di un film forte, con una storia importante, e avevo buone aspettative. Quello che mi sorprende e mi riempie di gioia è la reazione del pubblico, che abbraccia persone di diverse età e orientamenti sessuali. La critica cinematografica ha accolto il film positivamente, e devo essere sincera ero abbastanza spaventata. Il risultato che sto ottenendo supera di gran lunga le mie aspettative, e ne sono davvero felice. Per me, l’aspetto più importante di un film è che lasci qualcosa, che spinga a riflettere. Ho sperato in questo, e finora sta accadendo. Sono io che devo ringraziare tuttɜ voi!