BREVE STORIA DEL PUDORE IN ITALIA
Anno 1910: la Biblioteca filosofica di Firenze, su invito della Voce, ospita al suo interno i migliori «giovani intellettuali idealisti» di tutta Europa, per «parlare chiaro e senza pudore della complessa questione sessuale che ci preoccupa […], non per reprimere ma per educare». Erano anni di forti sconvolgimenti: i popoli lottavano per l’autodeterminazione, si iniziava a erodere l’imperialismo, si svelavano i misteri dell’inconscio, e anche l’antico concetto di pudore si incrinava pericolosamente sotto il peso di un’Italia borghese, liberale e laica.
Se da un lato si pregava di rispondere apertamente alle domande dei ragazzi sul sesso, un fatto naturale, e di educare all’igiene, dall’altro, per la morale cattolica, l’esposizione di un corpo nudo, soprattutto se femminile, poteva essere un vero e proprio peccato. Era meglio, quindi, lavarlo senza indugi in acqua fredda e luoghi spogli e visitare le pazienti vestite, anche a rischio di sbagliare tragicamente le diagnosi. Fu il caso di Teresa Borri, seconda moglie di Alessandro Manzoni, che dopo essere stata destinata dai dottori al letto di morte per un tumore, diede infine alla luce due gemelle.
La Biblioteca, comunque, non esprime un’opinione unanime e molti intellettuali si trovano divisi tra il consigliare la castità o il silenzio, dal momento che, in politica, «il sentimento del pudore è una delle migliori armi nella lotta alla corruzione» e impartire l’educazione sessuale al proletariato potrebbe risultare controproducente. La guerra sospende la discussione: nei posti di lavoro lasciati liberi dagli uomini al fronte bisogna piazzare le donne, purché decentemente abbigliate (grembiuli lunghi fino ai piedi e capo coperto). Ugualmente, in nome della decenza, vengono poi rispedite a casa alla fine del conflitto: è meglio che non si rubi il pane ai capifamiglia. Anche le nuove tecnologie iniziano a suscitare scalpore: cosa è lecito fotografare e cosa no? Cosa è arte e cosa pornografia? Quali atti possono essere filmati su pellicola senza turbare le coscienze?
Nel 1921, secondo la Cassazione, anche un bacio, «se dato in luogo pubblico con forma scorretta» costituisce uno «spettacolo inverecondo». Il nuovo Codice penale del 1931, opera del ministro di Grazia e Giustizia Alfredo Rocco, provvede a tutelare il pudore rendendo l’aborto un reato grave e dichiara «osceni gli atti e gli oggetti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore» (art.529), costruendo così le basi per la campagna demografica di Mussolini («O figli, o legnate!») e dando piena legittimazione alla censura fascista.
Quanto sia «comune» questo sentimento è difficile stabilirlo, e se da un lato alle donne si raccomanda lo sport per meglio assolvere il compito di madre, dall’altro si richiede loro di non scoprirsi troppo e di non indossare i pantaloni, e alle maestre di non utilizzare il trucco e indossare solo abiti severi. Questo mentre vengono esaltati la virilità del duce e il gallismo maschile, soprattutto se per «liberare una bella abissina».
Finita la guerra e instaurata la Repubblica, la Democrazia Cristiana, forte dell’appoggio della Chiesa e dell’estromissione del Partito Comunista dai giochi politici, incarna il buonsenso italiano. La censura di questi anni esce rinvigorita dalla legge 379/1947, che garantisce l’onnipotenza dei funzionari ministeriali.
La repressione è fortissima e tocca ogni ambito artistico: in televisione si vieta di dire “omosessuale”, ”in seno al popolo”, “membro dell’associazione”.
Prostituta diventa “peripatetica”, gravidanza “stato interessante”, suicidio “insano gesto”. Il divorzio può essere rappresentato «solo quando la trama lo renda indispensabile». Vengono alla luce, però, i primi concorsi di bellezza femminile, dove ogni centimetro di pelle delle partecipanti è pubblicamente esaminato.
Si amplifica così il doppio standard per la donna, dove quella che si espone è pubblica e in quanto tale oggetto, e quella per bene è meglio invece che non si esponga, prenda linee riservate alle donne e si astenga dal portare la minigonna, vera e propria tentazione per i maschi sani. Lo stupro è classificato come reato contro la morale e può essere cancellato con il matrimonio riparatore.
Dagli anni ‘70 a oggi, il nudo ha invaso i nostri immaginari (quasi sempre in chiave femminile) e il pudore piace di più quando apertamente trasgredito. Nonostante ciò, solo negli ultimi 15 anni anche l’omosessualità è diventata visibile in televisione, mentre il sangue mestruale fatica ancora a essere proiettato sullo schermo.
Pubblicato sul numero 51 della Falla, gennaio 2020
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