Invisible women
(UK, 2018, 25’)
Manchester, 1969. Seguiamo la storia di Luchia Fitzgerald, una lesbica teenager fuggita dall’Irlanda che lotta per sopravvivere sulle strade della città. Viene anche arrestata e un medico le propone la lobotomia per curare le sue «tendenze sessuali devianti».
Poi si imbatte nel New Union, un pub dove si svolge la vita gay e lesbica underground della città e dove imparerà a socializzare, innamorarsi e impegnarsi…
Invisibile women, sul movimento lesbico a Manchester a partire da inizio anni Settanta fino all’epoca del thatcherismo, è un docufilm dall’impostazione classica (interviste, immagini d’archivio, sequenze con immagini del presente che collegano quelle storiche). Oltre a raccontare due biografie lesbiche militanti – oltre a Luchia anche quella di Angela Cooper – che possono coinvolgere anche le spettatrici più giovani al di là di certi ormai radicati assiomi anti-identitari, il docufilm di Alice Smith sottolinea il fatto che una storia come quella lesbica, e non certo solo a Manchester, rischia di essere cancellata ancor prima di nascere. Questa è la considerazione preliminare che dovrebbe guidarci nella visione di Invisible women: anche le identità sessuali sono in divenire e soggette a definizioni storiche, ma questo non può e non deve diventare cancellazione di vissuti che intessono anche il nostro presente e il nostro futuro.
Marielle and Monica
(Brasile/UK, 2018, 25’)
Ineccepibile docufilm girato da Fábio Erdos e prodotto da The Guardian, Marielle and Monica parla in modo efficace della lotta politica di Monica Benìcio, la compagna dell’attivista politica lesbica Marielle Franco, barbaramente trucidata in Brasile il 14 marzo 2018.
Una lotta di coraggio che continua anche durante le elezioni presidenziali, purtroppo conclusesi con la vittoria del fondamentalista cristiano e fascista Bolsonaro. Attorno a Monica, come già a Mariella, si muovono i corpi e le voci delle compagne, favolose attiviste che proseguono la lotta non facendosi segregare dall’angoscia di quella sconfitta che, nel caso di Monica, è anche dolore per la perdita della compagna di vita. Doppio lutto risolto comunque in modo vitale e, nonostante tutto, nutrito di speranza. In un Brasile desolato, tra postmoderno, neoliberismo sfrenato e favela, ben rappresentato in questo docufilm anche solo attraverso alcuni passaggi di panoramiche e dettagli, la casa di Marielle e Monica è soprattutto luce di quotidianità lesbica colorata. Questa squarcia, con il suo colore, il grigio di un Paese per ora asservito, e se c’è un «continuons le combat» parte dalla forza di queste donne. Marielle è ormai un’icona in tutto il mondo: pregevolmente il film di Erdos non cade nell’errore di una beatificazione post mortem, ma rappresenta la tragedia e la possibile rinascita con nitida sintesi politica, ambientale ed emotiva.
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