IL MOVIMENTO LGBT+ IN TURCHIA SI MANTIENE FORTE NONOSTANTE GLI ATTACCHI E I DIVIETI

Traduzione di Leonardo Arpino

C’è un movimento Lgbt+ numeroso e agguerrito in Turchia! La Pride week viene festeggiata dal 1993 e per le strade di Istanbul si tiene una parata dal 2003: non c’è da stupirsi del primato di questa città cosmopolita, nota per la vivacità del suo panorama politico e sociale.

Dato lo spazio limitato, mi concentrerò subito sulla situazione attuale e sui recenti, cruciali avvenimenti che ci hanno portato qui, anche se i  lubunya – termine gergale con cui a Istanbul si indicavano le donne trans o gli uomini gay, ora esteso a tutti i membri della comunità – hanno alle spalle una lunga storia di lotte, in Turchia così come in molti luoghi. Per comprendere il quadro odierno, torniamo  indietro di qualche anno.

Nel maggio del 2013 l’invasione del parco più centrale della città da parte del governo, intenzionato ad abbattere gli alberi per fare spazio a un centro commerciale, innescò una protesta spontanea. Nei giorni successivi, Gezi Park si trasformò in uno spazio aperto a manifestazioni ininterrotte, in cui gruppi di varia natura ebbero la possibilità di comunicare fra loro. Lgbt Blok fu uno dei gruppi più attivi durante le proteste, e la sua visibilità portò a un crescente appoggio verso il movimento Lgbt+ in Turchia. In quei due anni il Pride di Istanbul registrò un picco di partecipazione, un progresso purtroppo fermato da un attacco della polizia alla parata del 2015.

Mentre la speranza di una società più giusta e meno discriminatoria cresceva come mai prima d’allora – non solo per la comunità Lgbt+, ma anche per donne e minoranze etniche (Curdi, Armeni) e religiose, l’ondata di attentati e alcuni importanti cambiamenti politici (i risultati delle elezioni e la fine dell’alleanza fra l’Akp e Gülen) gettarono il Paese in uno stato di crisi. Dopo il tentativo di golpe del luglio 2016, il governo dichiarò uno stato d’emergenza durato due anni. In questo lasso di tempo non è più stata autorizzata alcuna manifestazione pubblica, e in molte città è stato impossibile organizzare eventi Lgbt+. Ad Ankara, la capitale, la messa al bando degli eventi Lgbt+ è stata ritirata solo due mesi fa, ben più tardi della fine dello stato d’emergenza. Così nel 2017 non si è tenuto Kuir Fest, il primo festival di cinema Lgbt+ in Turchia, organizzato proprio ad Ankara dall’Associazione Pink Life Lgbti Solidarity fin dal 2011.

Nel 2016, nel bel mezzo di questa caotica situazione politica, le attiviste Lgbt+ adottarono una strategia controversa. Nel timore che si ripetesse un’azione di polizia come quella dell’estate precedente, invitarono tutti a «disperdersi ovunque» nelle strade, anziché marciare in un unico blocco compatto. Si può affermare che la decentralizzazione della resistenza sia diventata una nuova strategia di lotta per molti gruppi dopo la rivolta di Gezi Park. Sebbene sia stata una scelta in parte obbligata, ha avuto come esito la proliferazione degli spazi di resistenza e la nascita di alcune collaborazioni creative: Queerwaves (un collettivo di DJ che vuole creare nuovi spazi queer di intrattenimento e di solidarietà), le Queer Olympix, i cori Lgbt+ 7 Colors Choir e Korospular e la riappropriazione della cultura drag, finora appannaggio di un pubblico generalista.

Oggi siamo alla vigilia di un’elezione cruciale a Istanbul, quella per le sue municipalità e il sindaco. Tornata elettorale che in realtà si era già svolta il 31 marzo scorso, e in cui la destra ha perso Istanbul per la prima volta in 25 anni. Per un istante la comunità Lgbt+ ha sperato di potersi riprendere le strade, ma il 23 giugno l’elezione verrà ripetuta a causa del ricorso presentato dall’Akp.

Mentre leggete queste righe sono giorni importanti per il popolo della Turchia: le elezioni, benché locali,  avranno un forte impatto sul movimento Lgbt+. Ma la nostra lotta appartiene a una comunità più ampia, che travalica i confini e non è limitata ad azioni e strategie proprie della democrazia parlamentare. Continueremo a essere unite nelle strade, in un modo o nell’altro!

Pubblicato sul numero 46 della Falla, giugno 2019