Se solo Leonardo quella volta avesse disegnato la donna vitruviana, al posto del celeberrimo omino inscritto nel quadrato e nel cerchio, forse le cose oggi sarebbero diverse. Invece la metafora leonardiana resiste, e a distanza di oltre cinque secoli viviamo ancora in un mondo che sembra fatto solo a misura d’uomo (ma volendo si potrebbe aggiungere pure bianco, giovane, magro e cishet).

A chi dirà che è un’esagerazione, si può portare una pletora di prove, anche grazie al libro dei giornalisti Emanuela Griglié e Guido Romeo Per soli uomini – Il maschilismo dei dati, dalla ricerca scientifica al design (Codice edizioni). Una miniera di informazioni sull’invisibilità delle donne che, pagina dopo pagina, documenta questa clamorosa ingiustizia dei dati. Fin dalla copertina gli autori iniziano a colpirci con l’asciutta verità dei numeri, e partono da un ambito che conoscono bene: otto notizie su dieci parlano di uomini, a testimoniare che il sistema dell’informazione è ancora molto maschio-centrico.

Eppure sempre più donne stanno conquistando posizioni di rilievo sulla scena internazionale e il soffitto di vetro sembra finalmente scricchiolare, ma Griglié e Romeo si chiedono: «Quanto è effettivamente profonda e reale la trasformazione a cui stiamo assistendo? Se è un dato di fatto che un nuovo gruppo di donne leader sta facendo passi da gigante, resta ancora da capire se ciò a cui assistiamo è il prodromo di un vero cambiamento sociale ormai inarrestabile o un mutamento superficiale amplificato dal rumore mediatico». Infatti, nonostante questi risultati incoraggianti, a ben guardare si scopre un secondo soffitto ancor più difficile da infrangere: quello della miriade di dati che governano la nostra realtà, da sempre tarati su un ipotetico «maschio standard».

Il maschilismo dei dati è un problema perché questi sono gli ingredienti che determinano chi assumere a un colloquio di lavoro, come si comportano i sistemi di intelligenza artificiale oppure come sono disegnate le città che abitiamo e le auto che guidiamo, o ancora come funzionano molti farmaci salvavita. E questo spiega perché le donne hanno il 17% di probabilità in più di morire in un incidente stradale e il 75% in più di soffrire degli effetti collaterali di un medicinale. (Sul tema della ricerca biomedica che troppo spesso esclude le donne dai test clinici per semplificare la raccolta dati, potete leggere anche un  altro nostro articolo.)

A chi dice che però il mondo sta cambiando possiamo rispondere sì, ma troppo lentamente: al ritmo attuale ci vorranno 280 anni per raggiungere la parità di genere nella computer science e 258 nella fisica, solo per fare due esempi. Non è un caso che la parità di genere sia anche uno dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) stabiliti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, in particolare il quinto OSS che ci sprona a: «raggiungere l’uguaglianza di genere e l’empowerment di tutte le donne e le ragazze». E purtroppo la già non rosea situazione globale sembra essere ulteriormente peggiorata con la pandemia da coronavirus: come segnalano molti indicatori il divario di genere si è ulteriormente aggravato, soprattutto in termini di occupazione, responsabilità e cura, violenze e abusi.

Oltre a quello di Griglié e Romeo, un altro libro che tratta questi temi è Invisibili – Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano scritto da Caroline Criado Perez e pubblicato in Italia da Einaudi nel 2020. Anche qui l’autrice porta moltissimi esempi di come una società costruita a immagine e somiglianza degli uomini ignori sistematicamente metà della popolazione, quella femminile. Come nel caso degli smartphone sviluppati in base alla misura delle mani maschili, o della temperatura media degli uffici tarata sul metabolismo degli uomini.

Riflessioni come queste mostrano che contrastare il maschilismo dei dati aiuterebbe a creare una società migliore non solo per le donne, ma anche per gli uomini, perché dati ingiusti plasmano un mondo a misura solo di pochi che va stretto a tutte e tutti.