Il 30 gennaio è morta Sophie Xeon, più nota come SOPHIE, all’età di 34 anni. È stata una cantante, produttrice e DJ, che ha portato importanti contributi alla scena della musica elettronica contemporanea e la cui influenza merita di essere riconosciuta.

Anche prima di presentarsi al pubblico come artista in prima persona, Sophie aveva prodotto tracce per artisti come Madonna, Kendrick Lamar e Charli XCX, distinguendosi per le sue sonorità nuove, estremamente orecchiabili ma al contempo scioccanti e aggressive. Ma con il suo album di debutto Oil of Every Pearl’s Un-Insides rivoluziona la sua immagine e consolida il suo posto nelle classifiche musicali. Poco dopo l’uscita del disco, fa coming out come donna trans e si apre a riguardo nei suoi testi, dove affronta temi come la ricerca dell’identità, i ruoli di genere, la sessualità.

«I’m real when I [photo]shop my face» canta in Faceshopping, alludendo al concetto che il nostro vero io sia quello costruito modificandoci a nostro piacimento, autodeterminandoci. Sophie lo fa di continuo, con la sua ricerca intenzionale di suoni finti, artificiali, caotici, alterando la sua voce per farla suonare più eterea mentre contrasta con i bassi esagerati in un equilibrio disarmonico. Attraverso i suoi brani costruisce un sistema di riferimento per una nuova musica pop più sperimentale, più queer. Tramite i suoi sintetizzatori esplora la propria identità di genere e ce ne rende partecipi. Nel 2018 è entrata nella storia diventando una delle prime tre donne trans a ricevere una nomination per un Grammy e la prima in assoluto a ricevere una nomination per il miglior album di elettronica. 

Copertina dell’album Oil of Every Pearl’s Un-Insides

Purtroppo ci ha lasciatə presto, ma in pochi anni di attività ha messo in atto un cambiamento importante. Infatti è innegabile la sua impronta nella nascita del genere hyperpop, che riprende molti dei suoi elementi caratteristici, come l’ipersaturazione del suono, l’utilizzo sfrenato di autotune, la caotica amplificazione degli elementi tradizionali della musica commerciale. Tra lə numerosə artistə associatə a questa corrente troviamo producer come Dorian Electra, che attraverso le sue drag performance decostruisce la fragilità maschile, o Arca, che trasporta le sue radici venezuelane in un’estetica transumana nella quale celebra la propria queerness senza mai conformarsi alle aspettative sociali. 

Il fascino dell’esagerazione e del camp, l’estrema distorsione e alterazione dei suoni che permette di controllare il modo in cui si viene percepiti, sono elementi che risuonano molto con le esperienze di persone trans* e nonbinary. Inoltre l’estetica hyperpop si rifà molto all’Internet culture dei primi anni ’10, familiare a molte persone LGBTQ+ più giovani che, avendo difficoltà a creare legami con lə loro coetaneə nella vita reale, si sono ritrovate a cercare persone simili a loro online e conseguentemente a sviluppare un legame affettivo con questo tipo di immaginario.

Nonostante la sua scomparsa prematura, Sophie ha già lasciato un’importante eredità al mondo della musica elettronica, aprendo la strada a sempre più musicistə LGBTQ+, che stanno riuscendo a ricevere visibilità mentre celebrano la diversità con la loro arte. 

Immagine in evidenza dal video It’s ok to cry