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Esterno giorno, la porta di un autobus argentato si spalanca e tre persone si affacciano inforcando gli occhiali da sole per ripararsi dalla luce abbacinante… «Oh Felicia, dove cazzo ci troviamo?». L’inquadratura si allarga per abbracciare la polverosa vastità dell’outback australiano e la fiancata del bus su cui campeggia una scritta fatta con uno spray rosso dal contenuto decisamente omofobo.

Anche senza raggiungere gli eccessi tragicomici del film Priscilla – La regina del deserto, probabilmente a tuttə noi sarà capitato almeno una volta di fare una vacanza che si rivela deludente pur partendo da presupposti molto promettenti. O viceversa di tornare da un viaggio ricco di esperienze strepitose nonostante non ci aspettassimo granché alla partenza. Ecco, l’Italia non è il cuore desertico dell’Australia, ma una persona LGBTQ+ come si trova quando arriva da turista nel nostro Paese? E soprattutto, prima di partire ha modo di informarsi su che tipo di accoglienza potrebbe trovare?

Le classiche guide turistiche non offrono molti spunti, almeno nelle loro versioni cartacee: quelle consultate riportano solo qualche informazione generale, citando per esempio la legge sulle unioni civili e pochi riferimenti ad associazioni, spesso anche un po’ datati. Praticamente gli stessi trafiletti si trovano anche nei siti in inglese di Lonely Planet e di Rough Guide, mentre nel sito delle guide francesi Routard c’è un dossier con qualche risorsa in più, ma non specifica per l’Italia.

Questa scarsità è compensata dalla profusione di travel blog, magazine dedicati e mille altri siti in cui ormai si possono trovare informazioni aggiornate e dritte di ogni tipo che unə turista LGBTQ+ può trovare online (un esempio molto stiloso è il portale QueerVadis). 

E infatti da una qualsiasi ricerca veloce saltano fuori tantissimi risultati in cui spesso l’Italia è inserita in una classifica di mete turistiche più o meno friendly. Quasi sempre ci posizioniamo bene ma non benissimo, anche perché queste classifiche sono redatte da organizzazioni variegate e si basano su indici costruiti considerando parametri disomogenei. Per esempio il Gay Travel Index pubblicato dal 2012 da Spartacus, che dà i voti a 202 Paesi e regioni in base a varie categorie: se ci sono i matrimoni egualitari o leggi contro le discriminazioni, quanti crimini sono commessi contro la comunità e se si possono organizzare Pride. Nel 2020, cioè con l’ultima versione dell’indice, l’Italia è al quarantunesimo posto, in compagnia di Paesi come Cile e Nepal; ben distante dalla vetta dove si posizionano a pari merito Canada, Malta e Svezia, ma per fortuna ancor più lontana dalla Cecenia, ultima classificata.

Ma qualcosa forse si sta muovendo. È infatti notizia recente che l’Italia con l’Agenzia Nazionale Turismo (ENIT) aderisce al protocollo Diversity & Inclusion, per promuovere l’accoglienza arcobaleno. In partnership con l’Associazione Italiana Turismo LGBTQ+, il nostro Paese si impegna, tra l’altro, per adottare politiche inclusive di Diversity Management nella stessa ENIT; oltre a ospitare a Milano la convention 2022 dell’International LGBTQ+ Travel Association, il principale network di operatori turistici attenti alle esigenze della comunità.

Insomma pare che l’Italia voglia scalare le classifiche delle mete più friendly, e chissà che nel frattempo non riusciamo a risalire di qualche posizione approvando anche, senza strane modifiche, la legge Zan…

Immagine in copertina da: chiamamicitta.it